martedì 26 giugno 2018

Paul Watzlawick 0.1 – Verso il costruttivismo. Individualità, responsabilità, comunicazione: il posto delle emozioni.

Con Pragmatica della Comunicazione Umana Paul Watzlawick, e i suoi collaboratori, pongono le basi per una teoria della comunicazione orientata all’analisi degli effetti comportamentali, o pragmatici, delle relazioni umane. Con la pubblicazione del volume gli autori avviarono un percorso conclusivo, e pubblico, di quanto avevano per anni sperimentato e osservato nell'analisi del comportamento umano. Con questo passaggio si riteneva di dover ormai procedere verso una formalizzazione più riconosciuta della trattazione delle problematiche della comunicazione umana, all'interno di una teoria sistematica globale.
La comunicazione umana risponde a regole ricorrenti. Ma queste, molto spesso, anche se presenti, ricadono al di fuori della consapevolezza dei diretti interessati. Si può dire che sebbene tutti noi obbediamo a regole nella prassi quotidiana con cui ci mettiamo in relazione col mondo, le regole stesse, la 'grammatica' di questa comunicazione, riamane per tutti noi qualcosa di ignoto, qualcosa di cui siamo quasi totalmente inconsapevoli. Tuttavia, in modo intuitivo, con queste regole, nelle relazioni con partner, colleghi, amici, o semplici interlocutori, ci destreggiamo facendo attenzione agli umori, alle reazioni o alle risposte, e ci adattiamo di conseguenza, attraverso un continuo flusso di scambi, un “calcolo”, gestito in modo più o meno consapevole e voluto: un calcolo che realizza ciò che chiamiamo comunicazione. La «Pragmatica della comunicazione umana rappresenta un tentativo di formulare degli assiomi di base di questo presunto calcolo che è la comunicazione, per mostrare come essi determinino l'interazione umana e per descrivere il tipo di patologia che insorge quando questi assiomi sono violati.»1
In questa prospettiva la comunicazione viene intesa non soltanto come veicolo o espressione manifesta delle interazioni tra individui, ma viene considerata come la più effettiva e migliore concettualizzazione di tutto ciò che genericamente si raccoglie sotto la voce “interazione”. La comunicazione è pertanto l'equivalente di ciò che è effettivamente osservabile nell'interazione umana. Lo studio della comunicazione equivale in tal senso allo studio dell'interazione umana così come questa si sviluppa e si svolge nei contesti in cui si manifesta.2

Tutti i comportamenti sono pertanto comunicazione e non soltanto l'uso della parola. Ogni comportamento produce un effetto proprio in quanto comunicazione e, in quanto tale, ad esso possono essere attribuiti tutti i criteri di misurazione e di valutazione che normalmente vengono attribuiti alla trasmissione di messaggi. Il comportamento può pertanto essere considerato alla stregua di un linguaggio governato da regole, da una propria grammatica e da una specifica sintassi. Un linguaggio che, come il linguaggio naturale, esprime la capacità di comunicazione degli individui e che, come il linguaggio naturale, si acquisisce nell'arco della crescita in modo del tutto astratto e non formalizzato e quindi in modo inconsapevole.
Questo linguaggio, in definitiva, non è altro che il linguaggio delle emozioni che interagisce con quelli che sono i valori della società o dei contesti culturali in cui viviamo realizzando ciò che viene definito “virtù” oppure “vizio”. Quello che coinvolge le emozioni costituisce un linguaggio molto spesso primitivo che viene incanalato attraverso l'educazione dell'individuo in senso sociale, ma è un linguaggio su cui i sistemi educativi hanno espresso ben poco se soltanto di recente si è posto l'accento su quella che è stata definita da Daniel Goleman “intelligenza emotiva”3. In correlazione con i livelli, numerico e analogico, della comunicazione umana Goleman sostiene che ”A tutti gli effetti abbiamo due menti, una che pensa e l'altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale” e relazionale. La mente razionale dice ancora Goleman “è la modalità di comprensione della quale siamo solitamente coscienti … accanto ad essa c'è un altro sistema di conoscenza – impulsiva e potente, anche se a volte illogica, c'è la mente emozionale”4. Spesso queste due menti sono coordinate, ma quando i contesti in cui gli individui si trovano ad interagire fanno aumentare la forza delle passioni, l'equilibrio tra mente razionale e mente emozionale si capovolge e quest'ultima prende il sopravvento travolgendo la mente razionale.
Si potrebbe dire che è in questa fase che si manifestano le patologie della comunicazione umana e del comportamento di cui parla Watzlawick e che è possibile agire con l'una sull'altra soltanto attraverso gli strumenti della comunicazione e del comportamento, infatti i problemi ascrivibili alle manifestazioni della sfera emotiva sono, in quest'ottica, affrontabili attraverso un lungo processo educativo che dovrebbe svolgersi in parallelo col processo di educazione dell'intelligenza razionale verso cui oggi sono in modo univoco orientati le agenzie sociali preposte alla trasmissione del sapere: innanzi tutto le istituzioni scolastiche, ma anche quelle religiose e la famiglia.

Potremmo dire che normalmente nella relazione è “la mente emotiva” ad esprimere maggiormente la propria influenza. Immaginare una relazione fondata esclusivamente sulla “mente razionale” presupporrebbe una società di tipo “vulcaniano”.
Considerando il dualismo fondamentale della comunicazione, in Watzlawick sempre in chiave ancora esclusivamente analitica, un principio fondamentale della pragmatica della comunicazione è che in ogni comunicazione esistono diversi livelli di informazione, uno di questi livelli fa sempre riferimento alla relazione tra i soggetti della dell’attività comunicativa e quindi al contesto interpersonale nella quale si sviluppa la comunicazione e la relazione stessa. Tale dimensione ha un valore cognitivo e viene esplicitata anche attraverso la teoria dei giochi. Nel dilemma del prigioniero, ad esempio, si svela come ciò che in definitiva fa il prigioniero è di «dedurre correttamente lo stato reale delle porte mediante la specifica relazione tra le guardie e se stesso, e, così, arriva finalmente a una corretta comprensione della situazione usando un’informazione sugli oggetti (le porte e il loro essere chiuse a chiave o aperte) insieme a una informazione su questa informazione (le guardie e il loro tipico mettersi in relazione con gli altri – nello specifico, comunicare informazione).»5
Questi due ordini di informazione presenti nella comunicazione vengono classificati come aspetti relativi al contenuto dell’informazione e aspetti relativi alla relazione dello stesso messaggio materiale, indipendentemente della natura dell’oggetto e del suo stato di verità a cui il messaggio fa riferimento. Non è possibile concepire una informazione che sia costituita soltanto da un aspetto della comunicazione, per lo meno nel campo della comunicazione umana e con certezza anche la comunicazione animale. Infondo anche le macchine hanno bisogno di una informazione sulle informazioni: in realtà questi sono i programmi che servono a processare i dati delle informazioni, programmi che sono indispensabili a far si che i semplici dati diventino informazione. In conclusione si può affermare che «l’aspetto di relazione così come quello di contenuto sono proprietà fondamentali e sempre presenti nella comunicazione.»6
Questo fenomeno è possibile riscontrarlo in molte situazioni della vita quotidiana. Infatti in molte occasioni nelle nostre relazioni amicali, o di lavoro, le richieste di informazioni o l’avvio di una comunicazione che possa riguardare un oggetto o un argomento non viene avviata in senso puro per ricavare informazioni o definire, congiuntamente o meno con i nostri interlocutori, conoscenze rispetto ad oggetti o a situazioni. In realtà in molte occasioni di comunicazione ciò che viene messa in gioco è la definizione della nostra relazione con gli altri, o degli altri con noi.
Molto spesso questo tipo di informazione viene incanalata attraverso vie paralinguistiche che riguardano l’espressione del corpo o la mimica facciale, come pure il tono di voce e l’enfasi con cui si articola il linguaggio verbale. Queste informazioni che vengono trasmesse nei normali processi di comunicazione tra soggetti non hanno niente a che fare con lo stato degli oggetti o delle problematiche di cui si parla, ma hanno l’obiettivo di definire reciprocamente la natura della relazione. A questo piano appartengono anche molti dei sentimenti che si sviluppano tra individui, quali la stima, la fiducia, l’odio, amore ecc. che di fatto agiscono nella relazione al di sopra del contenuto stesso e degli oggetti specifici che riguardano il contesto su cui si sviluppa la comunicazione. Addirittura si potrebbe parlare di un sentimento di verità che questo livello di informazione può indurre rispetto agli argomenti di cui si discute tra i soggetti.
“Al di là del fatto che la comunicazione sia portata a termine o meno, essa produrrà sul piano del contenuto accordo o disaccordo tra i comunicanti; sul piano della relazione si manifesterà come comprensione o incomprensione – due fenomeni essenzialmente diversi…”7 In questi termini è quindi possibile, per due esseri umani che svolgono una comunicazione, essere in disaccordo su di una affermazione oggettiva, ma comprendersi l’un l’altro come esseri umani; o può accadere il contrario, essere in accordo ma non comprendersi e, in questo caso, aggiungendo negatività ad una comunicazione che in realtà è condivisa nei contenuti attraverso segnali di irriconoscenza reciproca e magari di inimicizia; oppure si può verificare l’uno e l’altro caso, essere d’accordo e comprendersi, oppure essere in disaccordo e non comprendersi, fallendo su tutti i livelli della comunicazione: questo è probabilmente il caso in cui la comunicazione non genera informazione tra i soggetti o addirittura, sul piano relazionale, genera soltanto ostilità e inimicizia.

Un problema tipico accade invece quando i due livelli tendono ad essere confusi, nel senso che i comunicanti si impegnano nello sforzo di risolvere un problema che riguarda la relazione attraverso una comunicazione che invece avviene sul livello dei contenuti. Situazioni a doppio legame che si manifestano spesso in contesti in cui i soggetti si trovano a districarsi in relazioni di sottomissione o di dipendenza, o di pressioni di gruppo in cui il fattore determinante è rappresentato dalle relazioni costruite su sentimenti di fiducia o di stima o, al contrario, di sottomissione ecc. Questi aspetti possono condurre a situazioni in cui si manifestano delle vere e proprie patologie.
In tal caso la spiegazione del comportamento di un certo soggetto viene ricondotta ad un processo intrapsichico e intra - personale. Così facendo si realizza una concettualizzazione su schemi e su attributi che relegano in secondo piano l’individuo, nel senso che tendono sollevarlo da una responsabilità nella costruzione delle sue relazioni, che invece viene attribuita a fattori oggettivi, nel senso di esterno alla relazione, di tipo sociali, psicologici ecc.. La pragmatica della comunicazione umana, al contrario, vuole ridare centralità alla responsabilità di ognuno in quanto soggetto attivo nell’edificazione delle proprie relazioni.8
Assunto di base del lavoro di Watzlawick è che la comunicazione è pienamente da intendere come un processo di interazione e non, come vuole la teoria tradizionale, un fenomeno unidirezionale tra chi emette un messaggio, o parla, e chi lo riceve, o ascolta; anche se a questo ultimo schema si aggiungesse la reciprocità bidirezionale, ciò non sarebbe sufficiente a descrivere la dimensione relazionale della comunicazione.
In quanto processo di interazione, la comunicazione pervade ogni espressione dell'esistenza umana ed è la condizione fondamentale dell'ordinamento sociale. E, considerato che gli esseri umani sono coinvolti nel processo di regole di acquisizione della comunicazione fin dall'inizio della propria esistenza emotiva ed intellettiva, la comunicazione, secondo il modello che si propone, non è da considerare semplicemente come strumento delle trasmissioni tra individui, ma deve essere considerata quale ambito, eco sistema, di formazione e realizzazione della stessa soggettività ed individualità. In tal senso si potrebbe dire che la persona (più ancora che la personalità) corrisponde al modo del soggetto di mettersi in relazione con gli altri individui e con il mondo e quindi al suo modo di comunicare, anche se questa comunicazione è il risultato di acquisizioni per lo più realizzate inconsapevolmente nell'arco della propria vita.

Siamo influenzati dalla comunicazione in ogni aspetto della nostra esistenza, anche la nostra auto consapevolezza dipende dalla comunicazione: infatti per capire sé stesso l'uomo ha bisogno di essere capito dall'altro; ma per essere capito dall'altro, ha bisogno di capire l'altro. La pragmatica della comunicazione umana rappresenta una ricerca che vuole mettere in luce la grammatica e le regole su cui si basa tale comprensione e di individuare un modello di funzionamento che possa definire un procedimento formale che chiarisca la differenza tra una comunicazione efficace e una che non è efficace9. Si tratta di processi che presentano una forte analogia con i valori etici del riconoscimento reciproco, si veda l’esempio della “mitezza” nell’eccezione di Bobbio.
Compiendo un volo analogico potremmo dire che la condizione che riguarda la comunicazione, la creazione del linguaggio e della relazione, non è molto lontana dalla condizione dell’individuo in rapporto alla società: l’individuo al netto delle sue relazioni è soltanto una astrazione, come è una astrazione la definizione della natura umana. Un concetto analogo alla critica a cui Marx sottoponeva l’individualismo romantico di Max Stirner. Tali astrazioni e relative alla natura dell’individuo sono pure alla base del razionalismo economico o utilitarista. Il costruttivismo, al contrario mette al centro l’individuo e la necessità della sua esistenza sociale e comunicativa, e quindi relazionale ed emotiva, considerandola ancor più una dimensione che agisce sull’osservatore stesso nel momento in cui pensa di potersi porre come semplice osservatore di un realtà oggettiva, o meglio oggettivata. La teoria rawlsiana che fa perno sulla posizione originaria e “il rispetto di sé”, rovescia in senso costruttivista l’impostazione classica della costruzione della relazione sociale che, in definitiva, si fondava su una supposta oggettività rispetto alla natura umana ascrivibile a quello che Von Foerster definisce come “realismo metafisico”: la presunzione dell’esistenza di una fattualità esterna ai processi conoscitivi.

Se invece si considera il contesto e il comportamento all'interno di tale contesto anche in riferimento ad altri soggetti in cui tale comportamento si sviluppa, il centro dell'interesse si sposta dall'individuo, isolato in modo artificiale, verso la relazione tra le parti all'interno di un contesto più vasto. Il centro dell'attenzione diventano così le manifestazioni osservabili nella relazione stessa, dove la comunicazione rappresenta il veicolo di tali relazioni, mentre passano in secondo piano gli aspetti relativi all'analisi teorica e deduttiva sulla natura della mente umana. In tal senso nella pragmatica il termine comunicazione può essere considerato come sinonimo di comportamento.

La pragmatica è lo studio di come comunicazione e comportamento interagiscono nei contesti sociali e relazionali e si influenzano a vicenda. In questa prospettiva si prende in considerazione, nell'analisi della comunicazione, tutto il comportamento e non soltanto il suo aspetto relativo all'articolazione verbale; inoltre assumono significativa importanza tutti i segni che fanno riferimento al contesto in cui avviene la comunicazione. Per rendere comprensibili tali contesti la pragmatica ricorre ad una concezione che considera i fenomeni comportamentali in modo orizzontale, sincronico. In modo analogo in cui si possono considerare le sequenze di mosse che, per così dire, compongono una partita a scacchi: per individuare e capire la situazione del gioco e il rapporto tra i giocatori non è necessario risalire alle sequenze passate con cui si è arrivati alla configurazione attuale, in quanto l'esame attuale della scacchiera ci fornisce, in qualunque momento, tutte le informazioni necessarie e complete per poter cogliere e comprendere lo stato delle cose, dei fatti.

Riguardo alla comunicazione e alle emozioni è possibile riscontrare un ulteriore sviluppo che va oltre il ragionamento meramente analitico degli autori. Infatti, il quarto assioma della pragmatica della comunicazione umana pone al centro l'importanza del linguaggio analogico nei contesti relazionali.
Come già indicato in precedenza, il linguaggio analogico, ma la stessa cosa si potrebbe dire per le emozioni, si fonda quindi su convenzioni primordiali che sfuggono alle capacità di codificazione del linguaggio digitale. Questi due aspetti convivono nella nostra pratica quotidiana relativa alla comunicazione e allo scambio comportamentale, gli esseri umani hanno la necessità di combinare questi due linguaggi, e devono costantemente tradurre dall'uno all'altro. E infatti il quarto assioma di Watzlawick asserisce che “Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni.10

Se si considerano le recenti scoperte sulla plasticità delle cellule neurali, secondo cui le relazioni contribuiscono a creare attraverso lo stimolo le aree cerebrali che diventano responsabili delle stesse realtà emotive che governano le relazioni sociali; allora si capisce come l’attenzione sulla pragmatica della comunicazione diventa centrale nella reazione di tutti i fenomeni della comunicazione emotiva, attraverso la relazione tra “i due cervelli” di cui parla Goleman: razionale ed emotivo.

L'argomento porterebbe però l'attenzione verso un nuovo campo che riguarda l’ambito delle pratiche per la soluzione delle situazioni di conflitto patologico a partire da una mappatura delle esperienze emotive. Nella esperienza della pragmatica della comunicazione umana sono state elaborate pratiche relative gli aspetti da attivare per mettere in moto quei meccanismi mentali di ristrutturazione comportamentale al fine di ridefinire le relazioni, dalle relazione di coppia fino al più ampio spettro di tutte le relazioni sociali e interpersonale.
A tale proposito si può dire che lo sviluppo della intelligenza emotiva e quindi di una comunicazione-comportamento sani, dipende da un processo che permetta di raggiungere un certo grado di consapevolezza del funzionamento del proprio comportamento e delle proprie relazioni in modo da promuovere la positività nella vita emotiva e relazionale individuando gli skill che rendono possibile una comunicazione sana ed efficace.11 Ma perché un tale progetto si possa realizzare i programmi che riguardano che riguardano l’intelligenza emotiva e la comunicazione dovrebbero essere introdotti nei nostri modelli come modelli educativi all’interno dei programmi scolastici.

Nei limiti dei nostri interessi, invece, le curve iperboliche e le analogie utilizzate hanno la funzione di sgombrare il terreno per la costruzione di un modello di teoria delle “virtù” ispirata dall’apertura e dal riconoscimento della libertà individuale e dei valori della cooperazione sociale.

1 Paul Wattzlawick e John H. Weakland (a cura di), La prospettiva relazionale. I contributi del Mental Research Institute di Palo Alto dal 1965 al 1974, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1978. p. 56.
2 Paul Wattzlawick e John H. Weakland, Ibidem p. 56.
3 Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1999.
4 Daniel Goleman, Ibidem, p. 21.
5 Paul Watzlawick e John H. Weakland Ibidem, p. 61.
6 Paul Wattzlawick e John H. Weakland Ibidem, p. 61.
7 Paul Wattzlawick e John H. Weakland Ibidem, p. 61.
8 Vedi Watzlawick, P. (a cura di) La realtà inventata: contributi al costruttivismo, Feltrinelli, Milano, 1981.
9 Paul Watzlawick e John H. Weakland Ibidem, pp. 29-35.
10 Paul Watzlawick e John H. Weakland, Ibidem, p. 57.
11 Monica Simionato – George Anderson Terapia d’urto. La comunicazione come strumento per gestire le proprie emozioni, Franco Angeli, 2003, pp. 157 e seguenti.

Nessun commento:

Posta un commento

Perché non possiamo non dirci liberali. Il liberalismo critico di Raymond Aron.

https://www.lospiffero.com/ls_ballatoio_article.php?id=3835 https://amzn.eu/d/85oEalG