Il lavoro fu realizzato da Erasmo come contributo alla formazione, sulla base di valori cristiani, del giovane Carlo V. Quindi uno scritto, si potrebbe dire, quasi “militante”,
in ogni caso destinato a fornire consigli sulla formazione del
principe. Nelle considerazioni, pertanto, ci si pone l’obiettivo
dell’educazione del Principe, che per Erasmo voleva dire
costituzione di una formazione morale al fine di promuovere quei
sentimenti che servono a realizzare il bene comune e a rendere il
Principe esempio di virtù. Erasmo
era un riformatore, l’unico riformatore, come dice Stefan Zweig, perché gli
altri sono sostanzialmente dei rivoluzionari; un riformatore che aveva tentato
di cambiare la chiesa secondo le leggi della ragione, armato di penna e fedele all’umanità
intera piuttosto che alle fazioni del fanatismo. Era questa una funzione politica
universale che Erasmo intendeva promuovere a fronte di una realtà
europea devastata dai conflitti e dalle divisioni sia nell’ambito
politico che religioso e della Chiesa.1
A differenza di
Erasmo, Machiavelli, sebbene disponesse di consigli al suo Principe,
non aveva quale finalità la formazione morale del Principe. I suoi
risultavano quasi come consigli, o princìpi, per mantenere il
potere; quindi strumenti per regnare, la cui finalità era nel
mantenimento dello stesso potere e dominio sul popolo. Bisogna in
ogni caso tenere presente che le considerazioni di Erasmo
appartenevano ad un contesto che riguardava la riforma della Chiesa e
che pertanto presentava un diverso spessore filosofico e teologico.
Tenuto conto delle
dovute differenze si può tuttavia dire che, mentre Erasmo si poneva
il problema dell’educazione morale del Principe e del suo popolo;
Machiavelli si poneva il problema del potere sul popolo al di là di
ogni aspetto morale. Tradotta in termini attuali si potrebbe dire che
Erasmo era attento ai contenuti, mentre Machiavelli era attento alla
selezione degli strumenti più efficaci per imporre il proprio
dominio al di là dei contenuti, era questo il programma del
cosiddetto “realismo politico” a cui si contrappone l’umanesimo
erasmiano.
Libero
tra liberi
Il principe di
Erasmo è innanzitutto un uomo libero. Un uomo libero che ha il
compito di governare su altri uomini liberi e di preservare la
libertà di tutti nell’attività di governo. Compito del Principe è
governare su uomini liberi in modo tale da preservare la loro, e la
propria, libertà. Governare individui dotati di volontà e libertà
è una impresa divina in quanto piena realizzazione dell’essenza
umana considerata secondo il principio di eccellenza aristotelico,
questa impresa esprime il massimo della saggezza, una saggezza che
realizza il massimo dei beni.
“Se è vero …
che la saggezza è di per sé sublime, non c’è tuttavia forma di
saggezza più alta, come ha scritto Aristotele, di quella che insegna
a comportarsi da buon principe: perciò … governare su uomini
liberi e dotati di volontà è impresa più grande dell’uomo e
quasi divina. Questa saggezza debbono i principi desiderare … e …
preferirla a qualunque altro bene”2.
Principe saggio è
colui che sa governare su uomini liberi e dotati di volontà. Per
Erasmo il problema del governo non corrisponde al problema del
potere, ma corrisponde alla capacità di realizzare una società
libera, quella società che oggi si persegue nelle moderne democrazie
liberali. In vista di questo obiettivo, quella di Erasmo non è una
tecnica di governo, una ingegneria politica, che deve favorire il
progresso e il passaggio verso la modernità e i portatori di
interesse del nuovo mondo. La funzione politica non è un mezzo, ma
deve essere per Erasmo espressione delle virtù. Solo in quanto
espressione delle virtù morali, la politica, può ergersi a virtù
politica e portare la società alla ricerca del bene e del
miglioramento.
Pertanto la prima delle virtù morale del Principe riguarda la
libertà, e il suo rapporto con la libertà degli uomini. Il Principe
deve governare su una società di liberi e non di sudditi.
Se Principe “è
infatti superiore rispetto agli altri uomini, ma appartiene allo
stesso genere: è un uomo che governa altri uomini, un individuo
libero che governa individui liberi”3.
Erasmo ha una concezione moderna e non parla di sudditi anche se
adotta il termine principe, re; ma parla di individui liberi.
Machiavelli, al
contrario, non si pone il problema morale e pertanto nel suo sistema
non esiste il concetto di libertà, né per l’azione del principe
né riguardo ai sudditi, che sono appunto tali e oggetto della
tecnica del potere del Principe.
Il Principe di
Erasmo non comanda, ma governa su cittadini liberi: “governare su
uomini liberi e dotati di volontà è impresa divina più che umana.
Comandare su animali muti o su servi in catene è, al contrario, cosa
spregevole. L’uomo è un animale divino e due volte libero:
anzitutto per natura, in secondo luogo grazie alle leggi che si è
dato. Perciò è segno di somma virtù e di animo divino che un re
sappia dosare l’arte del comando in modo tale che il popolo avverta
il beneficio senza sentirsi asservito”4.
L’arte del comando è a beneficio del popolo e non del Principe e
dello stesso potere. Fine è il miglioramento delle condizioni della
vita del popolo, o meglio, degli individui liberi di cui il Principe
esprime il governo.
La virtù è la
prima delle ricchezze, il principe cristiano promuove la ricchezza
che i cittadini possiedono perché è consapevole che ciò incrementa
la ricchezza dello Stato.5
La ricchezza proviene quindi dal promuovere la virtù umana. La
virtù umana non è da pensare in termini moralistici ma nei termini
aristotelici di capacità ed eccellenze umane: la società, il
principe, deve avere la virtù di promuovere le eccellenze umane e le
capacità che esprimono le virtù, prima tra tutte la libertà.
Senso civico,
benignità, spirito di giustizia, sono i sentimenti di uno Stato
florido. “Scrive Aristotele nella Politica che due cause
soprattutto mandano in rovina i regni: l’odio e il disprezzo.
All’odio deve essere opposta la benevolenza, al disprezzo
l’autorevolezza. Compito del principe sarà applicarsi
scrupolosamente per evitare quei pericoli e per garantire quelle
virtù. L’odio, in particolare, trae origine dalla crudeltà, dalla
violenza, dalle offese immotivate, dal lamentarsi sempre,
dall’indisponibilità e dall’avidità di ricchezze. È inoltre
più facile suscitare odio piuttosto che, dopo averlo generato,
placarlo. Perciò il principe farà bene a evitare ogni possibile
ragione che gli faccia perdere l’affetto dei suoi uomini …
l’affetto del popolo è alimentato da quei modi di fare, per dirla
in generale, che sono distanti dalla tirannide: la clemenza, la
disponibilità, lo spirito di giustizia, il senso civico, la
benignità. … Il senso civico genera sempre amore o, se non altro,
smussa l’astio: da parte di un gran principe, in ogni caso, esso
suscita il più grande favore nel popolo”6.
Valori
morali
[In Erasmo ritornano
i valori nei termini del platonismo, in cui la virtù e la saggezza
erano qualità principali per il governo della Repubblica] La
saggezza più alta è quella che insegna a comportarsi da buon
principe, perché “governare su uomini liberi e dotati di volontà
è impresa più grande dell’uomo e quasi divina.”7
Il principe promuove
il bene comune e, si potrebbe dire oggi, attraverso la loro saggezza,
quei sentimenti sociali che rafforzano la coesione e la condivisione
del benessere “Ogni qual volta i re consultano questa saggezza,
lasciando fuori della porta quegli altri malvagi consiglieri che sono
l’ambizione, l’ira, la cupidigia e l’adulazione, allora lo
stato fiorisce veramente e, attribuendo alla saggezza del proprio
principe il merito di quella felicità, se ne rallegra con giusta
ragione e dice: insieme con questa saggezza è venuto a me ogni
possibile bene.”8
Per Erasmo la
saggezza è quindi connessa alla promozione dei valori e di un
sentire positivo nei cittadini; quella che Bobbio indica come
gentilezza dei costumi e coscienza civile.
“Perciò - dice
Erasmo - Platone è più che mai scrupoloso nell’indicare in che
modo dovranno essere educati i custodi dello stato, che vuole
primeggino sugli altri uomini non per ricchezze, gioielli, eleganza,
immagini di antenati o per guardie del corpo, ma unicamente per
saggezza”9
Per saggi Platone
intende i filosofi ma “per filosofia si intende non quella
disciplina che indaga i principii primi, la materia primordiale, il
moto o l’infinito, bensì quella saggezza capace di liberare
l’animo umano dalle false opinioni comuni e dalle passioni peggiori
e dunque di mostrare al principe l’arte di regnare in modo retto,
ad imitazione dell’operare divino”10
Il “bene comune,
che deve sempre essere l’unico scopo non solo dei re, ma anche dei
loro amici e familiari” 11
Le qualità del
Principe sono per Erasmo quanto di più distante da quelle richieste
per un condottiero capace di piegare al suo volere la politica degli
Stati dell’Italia rinascimentale, le qualità per Erasmo sono
quelle umane e non dello stratega del potere. Né volpe né leone, ma
“Il principe dovrà essere scelto “in base all’indole mansueta
e placida e al carattere calmo e riflessivo: egli non dovrà essere
così impulsivo da far temere, non appena la sorte gli consenta un
abuso, di vederlo trasformarsi in tiranno e non prestare più ascolto
a chi lo guida e lo consiglia; né dovrà essere così docile da
farsi influenzare dalle parole del primo che capita … un regno
deve essere consegnato a chi più degli altri ha virtù regali: cioè
spirito di saggezza, giustizia, senso della misura, lungimiranza e
amore per il bene pubblico” [cui contrari sono: piaceri, lussuria,
fasto, arroganza, avidità, iracondia e tirannide] … “Ciò cui
deve badare il principe nel governo è ciò cui deve badare il popolo
nello scegliere il principe: il bene collettivo, separato
completamente da ogni interesse personale”12
Si tratta in fondo
di quelle virtù civica che Gobetti vedeva nelle nazioni europee che
avevano avuto una riforma e che vedeva mancare in Italia, una
mancanza che è stata tra le cause del fascismo, o per lo meno del
suo grande consenso popolare.
L’educazione del
principe verte innanzitutto sulle qualità morali che nascono
dalla capacità della ragione e dalla natura sociale umana, i
sentimenti morali che sono alla base dei valori morali:
“Già nel bambino, da alcuni atteggiamenti, si può infatti
comprendere se egli ha la tendenza all’iracondia o all’arroganza,
all’ambizione o al desiderio di essere elogiato, ai piaceri o al
gioco dei dadi o ad accumulare denaro, alla vendetta o alla
litigiosità, all’incapacità di controllarsi o al dispotismo. A
quel punto il precettore, dove avrà individuato il punto debole del
futuro principe riguardo ad un vizio, lì si dovrà impegnare a
rafforzare la sua indole con insegnamenti sani e con regole adatte e
dovrà cercare di portare verso abitudini differenti un carattere
ancora docile. Al contrario, dove avrà individuato che la natura del
principe è incline al bene ovvero a vizi che possono facilmente
ricondursi al bene, come per esempio l’ambizione o la prodigalità,
su quel versante il precettore dovrà fare leva e assecondare con
l’educazione la predisposizione naturale”13
“Non basta
impartire i precetti che allontanano dal vizio ed esortano alla
virtù. Essi debbono essere, per così dire, radicati nell’animo
del principe, debbono essere conficcati e inculcati in lui e
richiamati in mille modi alla sua memoria”14
Il
Tiranno
Comportamento
contrario a quello del Principe, uomo libero tra liberi, è quello
del Tiranno. Come la libertà è legata alle virtù del Principe,
così la miseria morale e materiale è legata ai vizi del Tiranno.
Il Tiranno non
persegue il benessere e il bene morale dei sudditi. Egli “…
diviene più potente grazie alla rovina dei sudditi… l’obiettivo
si ottiene da parte del tiranno facendo di tutto affinché i sudditi
siano quanto più possibile tapini e poveri di spirito: e questo è
il risultato del trattarli come servi, del ridurli ad operare senza
dignità, del renderli schiavi delle delazioni e dei piaceri. Il
tiranno sa infatti molto bene che gli animi nobili ed alti mal
sopportano il dispotismo. … Inoltre … basta fomentare l’odio e
le delazioni reciproche, mentre il tiranno via via diviene più
potente grazie alla rovina dei sudditi.”15
In queste parole si
avverte il peso di quanto possa essere tirannico un potere che non
promuove il miglioramento e la crescita morale attraverso gli
strumenti dell’istruzione e della diffusione della cultura.
Espressione più tipica del rapporto tra il Tiranno e è il panem et
circenses quale strumento per la sottomissione morale e culturale,
uno strumento di potere che agisce come surrogato della esigenza di
moralità ed elevazione.
Il Tiranno racchiude
nella propria persona tutte le passioni tristi “dispotico, crudele,
feroce, violento, ingordo, avido del denaro altrui e, per usare
un’espressione di Platone, bramoso di ricchezze, rapace e, secondo
le parole di Omero, divoratore di popoli, superbo, arrogante,
inaccessibile, difficile da incontrare e da trattare, sgarbato nel
parlargli, inutilmente irascibile, irritabile, insopportabile,
inquieto, servo dei piaceri, privo di freni, smoderato, irriflessivo,
disumano, ingiusto, incapace di prendere buone decisioni, iniquo,
empio, privo di razionalità, leggero, incostante e facile a
ingannarsi, docile con le persone sbagliate, nervoso, vittima delle
passioni, incapace di accettare correzioni, offensivo, promotore di
guerre, pesante, fastidioso, irriducibile, intollerabile. … e dal
momento che non c’è bestia feroce più pericolosa di un tiranno, è
lecito ritenere che nulla sia più sgradito al genere umano di un
cattivo principe”16
Obiettivo di Erasmo
è il contrasto alla schiavitù morale e alla tirannide. L’idea di
cittadino di Erasmo precorre l’Illuminismo nel concetto di libertà,
così come precorre il pensiero sulla libertà di natura di Rousseau
e la liberazione propugnata da Lutero. Essere cristiani vuol dire
essere liberi. “Dal momento che la natura ha generato tutti gli
uomini liberi di nascita e la servitù è stata introdotta forzando
la natura, come ammettono anche le leggi dei pagani, considera quanto
poco si addica a un cristiano usurpare la signoria sugli altri
cristiani, che non sono servi per nessuna legge e anzi sono stati
riscattati da ogni servitù per opera di Cristo … È assolutamente
assurdo che tu ritenga servi quelli che Cristo ha riscattato in
libertà con il medesimo sangue con cui ha riscattato te, cui
somministra i tuoi stessi sacramenti e che ha chiamato ad ereditare
la stessa immortalità, e che tu presuma di ridurre in schiavitù
uomini che hanno in comune con te lo stesso signore e principe, Gesù
Cristo”17
Erasmo propende per
una monarchia costituzionale in cui esista un equilibrio tra diversi
poteri, che si limitano reciprocamente, e corpi intermedi: “Se si
potesse avere un principe dotato di tutte le virtù, sarebbe
auspicabile la monarchia pura e secca … per come vanno oggi le
cose, allora è preferibile che la monarchia sia limitata e mescolata
con il potere dell’aristocrazia e con elementi di governo popolare,
affinché essa non degeneri in tirannide: come sono in reciproco
equilibrio gli elementi naturali, allo stesso modo si mantenga lo
stato. Se il principe è ben disposto nei confronti dello stato,
interpreterà come aiuto, non come violazione, questa limitazione nei
confronti del suo potere; in caso contrario, tanto più occorre che
ci sia un ostacolo in grado di respingere la violenza di uno solo”18
Erasmo propone
un’etica della libertà, su di essa, e sull’esercizio delle virtù
cristiane, dovrà trovare anche legittimità il potere: “degraderà
il suo regno colui il quale trasformerà in schiavi dei cittadini
liberi. Quanto più sono nobili i sudditi, tanto più magnifico e
splendido è il regno. Perciò si può dire che tuteli la tua maestà
chi tutela la libertà e la dignità dei cittadini. Anche Dio, per
non dominare su una massa di servi, ha donato il libero arbitrio agli
angeli e agli uomini, proprio perché il suo regno fosse più
splendido e autorevole.
Come può uno dirsi
grande per il fatto di terrorizzare e dare ordini a cittadini del
tutto addomesticati, proprio come animali?”19
La contrapposizione
tra la virtù politica e il vizio del potere esprime
con forza la contrapposizione tra libertà e tirannia, tra crescita
morale e civile di un popolo e popolo sottomesso e sottoposto al
degrado morale, obbediente per terrore più che per espressione di
civiltà e cultura. Scrive Erasmo: “ … Il tiranno ha come
ministri la paura, l’inganno e la malvagità, il re invece la
saggezza, l’integrità morale e la volontà di compiere il bene. Il
tiranno detiene il potere per sé stesso, il re governa per il bene
comune… Il tiranno gode della presenza o degli stupidi, su cui
esercita la propria influenza, o dei delinquenti, che gli servono
come sostegno materiale del suo regime dispotico, ovvero degli
adulatori, che gli dicono tutto ciò che ama sentirsi dire. Il re,
invece, si compiace della compagnia degli uomini saggi, dal cui
consiglio sa ricavare giovamento: quanto migliore è un uomo, tanto
più egli lo tiene in considerazione, perché sa di potersi fidare
ciecamente di una persona del genere; perciò il re ama
circondarsi di uomini liberi, dalla cui compagnia è reso egli stesso
migliore.”20
La partecipazione
alla vita civile, la coesione sociale proveniente da reciproci
rapporti di collaborazione e riconoscimento reciproco, la pace e la
virtù liberale della tolleranza sono il fondamento della civiltà e
della coscienza civile in una società di liberi. Infatti laddove
“…Il tiranno si sforza di fomentare le divisioni e i contrasti
tra i sudditi e fa di tutto per alimentare ed accrescere gli odi
sorti in modo casuale: in questo modo rafforza la propria posizione.
Il re, invece, ha a cuore soltanto che i sudditi siano in pace: se
per qualche ragione tra loro sorge un dissidio, egli non esita a fare
di tutto per ricomporlo, perché sa che esso sarebbe l’origine di
un danno gravissimo per lo stato…. Il re … agisce allo scopo di
rendere permanente la pace pubblica: egli è infatti consapevole che
dalla guerra, una volta scoppiata, scaturisce ogni possibile danno
per la collettività.”21
“L’uomo è un
animale divino e due volte libero: anzitutto per natura, in secondo
luogo grazie alle leggi che si è dato. Perciò è segno di somma
virtù e di animo divino che un re sappia dosare l’arte del comando
in modo tale che il popolo avverta il beneficio senza sentirsi
asservito”. Mentre “Nell’uomo governa la parte più nobile,
cioè l’animo; all’interno dell’animo prevale la parte
migliore, cioè la ragione. Anche nell’universo il governo è
dell’entità migliore tra tutte, cioè Dio. Così nello stato,
proprio come se si trattasse di un grande corpo, chi ha il compito di
comandare deve essere superiore a tutti per bontà, saggezza e
accortezza.”22
Quindi “per un
cristiano il comando altro non è che il senso del dovere
nell’amministrazione dello stato, affidatagli per fare del bene”
23
Le
virtù del Principe
La temperanza
è una virtù del principe. La temerarietà, invece, dovuta al
fatto che non si è in grado di giudicare non è una qualità del
Principe. In realtà “la forza del Principe deve derivare da altre
sorgenti ... [Infatti], Occorre che veda più di tutti ... occorre
che sia più saggio degli altri colui il quale, da solo, decide per
conto della comunità. Ciò che è Dio nell’universo, il sole nel
mondo, l’occhio nel corpo: ecco cosa deve essere il principe nello
stato.24”
Il Principe deve essere saggio e non “si può essere re se non si è
retti dalla ragione: cioè se non si adopera il buon senso e la
capacità di giudizio.”25
Anche in questo caso
troviamo una netta una divergenza di prospettiva rispetto a
Machiavelli (in particolare rispetto al citato capitolo 15 del
Principe). Per Machiavelli «vir bonus» e «princeps» sono figure
difficilmente sovrapponibili: ciò che conta è che il principe
eserciti le virtù che rinsaldano il potere, non curandosi troppo
delle virtù che non hanno a che fare con la politica. Per Erasmo,
all’opposto, può anche essere che una persona per bene non sia in
grado di fare il principe, perché non è detto che il virtuoso abbia
anche le capacità necessarie per governare; ma senza dubbio il buon
principe non è tale se non è anzitutto «vir bonus». A monte delle
differenti impostazioni di Erasmo e di Machiavelli si colloca il
drastico pessimismo del secondo rispetto la natura umana e lo
scetticismo rispetto al fatto che la saggezza e la rettitudine nei
valori siano qualità utile al politico per il governo degli uomini.
Erasmo non è
pessimista sulla natura umana e crede fermamente nell’importanza
dei valori morali quali guida dell’azione politca. Le sue idee
anticipano l’Illuminismo anche riguardo la ricerca della conoscenza
e delle opinioni: “…la prima e la più viva preoccupazione di chi
educherà il principe deve essere, come abbiamo detto, quella di
estirpare dal suo animo le opinioni sbagliate che fanno parte del
senso comune, se mai qualcuna si è insinuata in lui, e seminare nel
suo petto pensieri benefici e degni di un principe cristiano”26
Cooperazione
tra popoli: la
pace
Promuovere la pace e
gli scambi tra i popoli. “Il principe buono e saggio farà dunque
in modo di essere in pace con tutti, e in particolare con i popoli
confinanti, che potrebbero essere più pericolosi se fossero ostili,
mentre invece potrebbero essere di grande giovamento allo stato se i
rapporti saranno amichevoli; d’altra parte, se non si fanno
commerci con loro, non si vede come possa stare in piedi l’economia
dello stato27”
“La maggiore
difficoltà nell’essere buoni sta nel voler esserlo: come è il
caso di chi riconosce e disprezza l’ambizione, l’iracondia o la
libidine, … è con questo spirito che è facile respingere o
attenuare il vizio”28.
Il principe di
Erasmo promuove e cerca la pace: “l’attenzione principale e più
grande deve essere riposta dal principe, durante la sua formazione,
ai mezzi che garantiscono nel modo più saggio la gestione della
pace: con quei mezzi egli farà tutto il possibile per non dover
ricorrere mai alla guerra.”29
Il Principe
cristiano è tuttavia “capace di combattere in guerra ma non amante
della guerra, bensì della pace, conciliatore di pace, sentinella di
pace, capace di correggere i costumi del popolo, di essere guida e
principe, di emanare leggi benefiche, nato per fare il bene”.
Istruzione
ed eguaglianza
Erasmo promuove i
valori cristiani in modo che ciò appaia in coerenza con lo stile di
vita attraverso argomenti ripresi anche dai riformatori, dove i
valori della spiritualità devono essere superiori al benessere
mondano. Gli argomenti vanno oltre la contingenza storica ed
esprimono gli elementi di una psicologia alternativa anche al
consumismo della nostra società. Importante, in uno Stato, non è
soltanto la crescita dei beni materiali, ma la cura dei valori morali
attraverso l’educazione e la scuola “la principale speranza dello
stato risiede in un sistema educativo funzionante”.
L’ osservanza
delle sane leggi dello Stato rende onesti e felici, e come non è
virtù e libertà il fatto di poter agire in modo indiscriminato,
così non è vera uguaglianza trattare tutti allo stesso modo: “il
principe consideri felici i sudditi non se sono ricchi o godono di
buona salute, ma se esercitano la giustizia, conoscono la temperanza,
non sono avidi di denaro, non si dimostrano violenti o faziosi, bensì
il più possibile concordi … Non è felicità autentica il fatto
che il popolo possa oziare e pascersi nel lusso. Non è vera libertà
il fatto che a ciascuno sia consentito ciò che gli pare. Non è
servitù, d’altra parte, vivere secondo la prescrizione di leggi
oneste. Non è realmente tranquillo quello stato in cui il popolo
asseconda ogni cenno del capo del principe, bensì quello in cui si
obbedisce a leggi sane e ad un principe che prende buone decisioni
coerenti con quelle leggi. Non è vera eguaglianza il fatto che
tutti possano ricevere lo stesso premio, gli stessi diritti e gli
stessi onori: questa è anzi, spesso, la peggiore delle
ineguaglianze.”30
Erasmo pensa ad una società che non tratta tutti in modo uguale,
questo tipo di uguaglianza sarebbe una ingiustizia, in largo anticipo
su Marx!
Il governo deve
essere ispirato a principi di equità. Se tuttavia la necessità
impone di richiedere qualcosa al popolo, allora il buon principe
dovrà preoccuparsi di farlo in modo che ai più umili quasi non ne
giungano le conseguenze. Perché richiamare i ricchi ad uno stile di
vita più austero non è in fondo sbagliato, ma costringere i meno
abbienti alla fame e all’indigenza è non solo disumano, ma anche
pericoloso.31
Inoltre “Bisogna inoltre fare in modo che non ci sia troppa
diseguaglianza nella società. Non che io immagini di togliere ad
alcuno le ricchezze con la forza: piuttosto, si deve far sì che le
ricchezze di molti non cadano nelle mani di pochissimi. Platone
auspicava che i cittadini non fossero né troppo ricchi né troppo
poveri, perché il povero non è in condizione di giovare allo stato,
il troppo ricco invece non vuole contribuire con la propria arte al
bene comune”32
Garantire
la libertà nel giudizio
La giustizia è
anche garanzia per la libertà di fronte al giudizio “La garanzia è
il principio della giustizia penale, in un periodo in cui dominava
l’inquisizione. “Come il principe, così pure la legge deve
essere sempre più incline a perdonare che a condannare: anzitutto
perché deve essere per propria natura benigna, poi perché questo
corrisponde al modo di comportarsi di Dio, la cui ira è lentissima
nel dare corso alla vendetta, e infine perché il colpevole
ingiustamente sfuggito alla pena si farà sempre in tempo a punirlo,
mentre l’uomo ingiustamente condannato non potrà essere mai
risarcito. Se anche egli non è morto a seguito della condanna, chi
potrà valutare a pieno le sofferenze che ha patito?”33
Doveri
del Principe
“La teologia
cristiana attribuisce a Dio tre principali caratteristiche: la somma
potenza, la somma saggezza e la somma bontà. Occorrerà che tu, nei
limiti delle tue forze, dia prova esattamente di questi tre
requisiti: la potenza senza bontà è semplicemente tirannide; senza
saggezza, a sua volta, è pericolosa, non regale”34
Quali sono i doveri
di un principe cristiano? “Seguire lo spirito di giustizia,
rifiutare la violenza, astenersi dal saccheggio, non mettere in
vendita le magistrature, non farsi corrompere: certo, in questo modo
il tuo tesoro sarà meno ricco; ma tu non ti curare del fatto che
l’erario è meno ricco, se riesci a far guadagnare la giustizia …
Ciò che secondo gli altri più ti è lecito è proprio ciò da cui
più ti devi astenere: devi essere più severo con te stesso proprio
là dove tutti ti appaiono indulgenti; devi essere censore spietato
di te stesso proprio quando tutti ti applaudono. La tua vita è
pubblica e non può tenersi nascosta: perciò potrai essere un buon
principe, che dunque giova ai propri sudditi, o un principe malvagio,
che li danneggia”35
attivati dunque da
subito per appropriarti quanto più puoi della forza derivante dalla
saggezza, affinché tu riesca più di chiunque altro ad aver chiaro
cosa sia giusto fare e cosa sia giusto evitare; in secondo luogo,
sforzati di giovare al maggior numero di persone, perché la bontà
consiste proprio in questo. Il potere ti serva essenzialmente
a compiere tutto il bene che hai in animo di realizzare: anzi, a
volerne compiere persino più di quanto tu effettivamente possa.
Quanto al male che potresti esercitare, il potere ti induca a farne
tanto meno, quanto più sarebbe possibile compierne”36.
Un messaggio
contrapposto a quello di un Machiavelli la cui scienza della politica
è accostata alla indifferenza verso i valori e quindi verso la
libertà. Quello di Erasmo è al contrario un messaggio che disegna
le virtù civiche del principe e quelle dei cittadini liberi. Un
messaggio che che prelude all’illuminismo e ad una società che
promuove le qualità umane facendo propri i principi della ragione
come capacità critica e razionale e della libertà come limite di
ogni attività umana.
1 Erasmo era un riformatore come Lutero e
Calvino e proprio attraverso la costituzione dell’Impero sulle
premesse dei valori cristiani universali, pensava di intervenire con
le sue idee di riforma “Se
è possibile parlare della riforma di Lutero come della «riforma del
principe», e della riforma di Calvino come della «riforma delle
città», tutto porta a pensare che la riforma di Erasmo intendeva (e
forse avrebbe potuto) essere la «riforma dell’impero». Cecilia
Asso, La
stoltezza e la follia: Erasmo “catholicus” e altri equivoci”,
2012..
2
Erasmo da Rotterdam, L’educazione del principe cristiano, a
cura di Davide Canfora, e-book, edizioni di Pagina, 2009, p. 3
3
Erasmo da Rotterdam, Ibidem, p. 91.
4 Ibidem, pp.
105-107.
5 Ibidem, p. 93,
6 Ibidem, 191-193.
7
Ibidem, p. 3.
8
Ibidem, p. 5.
9
Ibidem, p. 5.
10
Ibidem, pp. 5-6.
11 Ibidem, p. 11.
12 Ibidem, p. 13.
13 Ibidem, p. 25.
14 Ibidem, p. 27.
15 Ibidem, pp. 77-79.
16 Ibidem, pp.
97-101.
17 Ibidem, p. 113.
18 Ibidem, pp.
103-105.
19 Ibidem, p. 115.
20 Ibidem, p. 75.
21 Ibidem, p. 77.
22 Ibidem, pp.
107-109.
23 Ibidem, p. 109.
24 Ibidem, p. 135.
25 Ibidem, p. 143.
26 Ibidem, p. 151.
27 Ibidem, p. 263.
28 Ibidem, p. 179.
29 Ibidem, p. 181.
30 Ibidem, pp. 199.
31 Ibidem, p. 205.
32 Ibidem, p. 207.
33 Ibidem, p. 243.
34 Ibidem, p. 59.
35 Ibidem, p. 55.
36 Ibidem, p. 61.
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