lunedì 28 gennaio 2019

Erasmo da Rotterdam VS Machiavelli. 0.3. Note su Institutio Principis christiani. Per una politica dal volto umano


Il lavoro fu realizzato da Erasmo come contributo alla formazione, sulla base di valori cristiani, del giovane Carlo V. Quindi uno scritto, si potrebbe dire, quasi “militante”, in ogni caso destinato a fornire consigli sulla formazione del principe. Nelle considerazioni, pertanto, ci si pone l’obiettivo dell’educazione del Principe, che per Erasmo voleva dire costituzione di una formazione morale al fine di promuovere quei sentimenti che servono a realizzare il bene comune e a rendere il Principe esempio di virtù. Erasmo era un riformatore, l’unico riformatore, come dice Stefan Zweig, perché gli altri sono sostanzialmente dei rivoluzionari; un riformatore che aveva tentato di cambiare la chiesa secondo le leggi della ragione, armato di penna e fedele all’umanità intera piuttosto che alle fazioni del fanatismo. Era questa una funzione politica universale che Erasmo intendeva promuovere a fronte di una realtà europea devastata dai conflitti e dalle divisioni sia nell’ambito politico che religioso e della Chiesa.1

A differenza di Erasmo, Machiavelli, sebbene disponesse di consigli al suo Principe, non aveva quale finalità la formazione morale del Principe. I suoi risultavano quasi come consigli, o princìpi, per mantenere il potere; quindi strumenti per regnare, la cui finalità era nel mantenimento dello stesso potere e dominio sul popolo. Bisogna in ogni caso tenere presente che le considerazioni di Erasmo appartenevano ad un contesto che riguardava la riforma della Chiesa e che pertanto presentava un diverso spessore filosofico e teologico.
Tenuto conto delle dovute differenze si può tuttavia dire che, mentre Erasmo si poneva il problema dell’educazione morale del Principe e del suo popolo; Machiavelli si poneva il problema del potere sul popolo al di là di ogni aspetto morale. Tradotta in termini attuali si potrebbe dire che Erasmo era attento ai contenuti, mentre Machiavelli era attento alla selezione degli strumenti più efficaci per imporre il proprio dominio al di là dei contenuti, era questo il programma del cosiddetto “realismo politico” a cui si contrappone l’umanesimo erasmiano.

Libero tra liberi
Il principe di Erasmo è innanzitutto un uomo libero. Un uomo libero che ha il compito di governare su altri uomini liberi e di preservare la libertà di tutti nell’attività di governo. Compito del Principe è governare su uomini liberi in modo tale da preservare la loro, e la propria, libertà. Governare individui dotati di volontà e libertà è una impresa divina in quanto piena realizzazione dell’essenza umana considerata secondo il principio di eccellenza aristotelico, questa impresa esprime il massimo della saggezza, una saggezza che realizza il massimo dei beni.
“Se è vero … che la saggezza è di per sé sublime, non c’è tuttavia forma di saggezza più alta, come ha scritto Aristotele, di quella che insegna a comportarsi da buon principe: perciò … governare su uomini liberi e dotati di volontà è impresa più grande dell’uomo e quasi divina. Questa saggezza debbono i principi desiderare … e … preferirla a qualunque altro bene”2.
Principe saggio è colui che sa governare su uomini liberi e dotati di volontà. Per Erasmo il problema del governo non corrisponde al problema del potere, ma corrisponde alla capacità di realizzare una società libera, quella società che oggi si persegue nelle moderne democrazie liberali. In vista di questo obiettivo, quella di Erasmo non è una tecnica di governo, una ingegneria politica, che deve favorire il progresso e il passaggio verso la modernità e i portatori di interesse del nuovo mondo. La funzione politica non è un mezzo, ma deve essere per Erasmo espressione delle virtù. Solo in quanto espressione delle virtù morali, la politica, può ergersi a virtù politica e portare la società alla ricerca del bene e del miglioramento.
Pertanto la prima delle virtù morale del Principe riguarda la libertà, e il suo rapporto con la libertà degli uomini. Il Principe deve governare su una società di liberi e non di sudditi.
Se Principe “è infatti superiore rispetto agli altri uomini, ma appartiene allo stesso genere: è un uomo che governa altri uomini, un individuo libero che governa individui liberi3. Erasmo ha una concezione moderna e non parla di sudditi anche se adotta il termine principe, re; ma parla di individui liberi.
Machiavelli, al contrario, non si pone il problema morale e pertanto nel suo sistema non esiste il concetto di libertà, né per l’azione del principe né riguardo ai sudditi, che sono appunto tali e oggetto della tecnica del potere del Principe.
Il Principe di Erasmo non comanda, ma governa su cittadini liberi: “governare su uomini liberi e dotati di volontà è impresa divina più che umana. Comandare su animali muti o su servi in catene è, al contrario, cosa spregevole. L’uomo è un animale divino e due volte libero: anzitutto per natura, in secondo luogo grazie alle leggi che si è dato. Perciò è segno di somma virtù e di animo divino che un re sappia dosare l’arte del comando in modo tale che il popolo avverta il beneficio senza sentirsi asservito”4. L’arte del comando è a beneficio del popolo e non del Principe e dello stesso potere. Fine è il miglioramento delle condizioni della vita del popolo, o meglio, degli individui liberi di cui il Principe esprime il governo.
La virtù è la prima delle ricchezze, il principe cristiano promuove la ricchezza che i cittadini possiedono perché è consapevole che ciò incrementa la ricchezza dello Stato.5 La ricchezza proviene quindi dal promuovere la virtù umana. La virtù umana non è da pensare in termini moralistici ma nei termini aristotelici di capacità ed eccellenze umane: la società, il principe, deve avere la virtù di promuovere le eccellenze umane e le capacità che esprimono le virtù, prima tra tutte la libertà.
Senso civico, benignità, spirito di giustizia, sono i sentimenti di uno Stato florido. “Scrive Aristotele nella Politica che due cause soprattutto mandano in rovina i regni: l’odio e il disprezzo. All’odio deve essere opposta la benevolenza, al disprezzo l’autorevolezza. Compito del principe sarà applicarsi scrupolosamente per evitare quei pericoli e per garantire quelle virtù. L’odio, in particolare, trae origine dalla crudeltà, dalla violenza, dalle offese immotivate, dal lamentarsi sempre, dall’indisponibilità e dall’avidità di ricchezze. È inoltre più facile suscitare odio piuttosto che, dopo averlo generato, placarlo. Perciò il principe farà bene a evitare ogni possibile ragione che gli faccia perdere l’affetto dei suoi uomini … l’affetto del popolo è alimentato da quei modi di fare, per dirla in generale, che sono distanti dalla tirannide: la clemenza, la disponibilità, lo spirito di giustizia, il senso civico, la benignità. … Il senso civico genera sempre amore o, se non altro, smussa l’astio: da parte di un gran principe, in ogni caso, esso suscita il più grande favore nel popolo”6.

Valori morali
[In Erasmo ritornano i valori nei termini del platonismo, in cui la virtù e la saggezza erano qualità principali per il governo della Repubblica] La saggezza più alta è quella che insegna a comportarsi da buon principe, perché “governare su uomini liberi e dotati di volontà è impresa più grande dell’uomo e quasi divina.”7
Il principe promuove il bene comune e, si potrebbe dire oggi, attraverso la loro saggezza, quei sentimenti sociali che rafforzano la coesione e la condivisione del benessere “Ogni qual volta i re consultano questa saggezza, lasciando fuori della porta quegli altri malvagi consiglieri che sono l’ambizione, l’ira, la cupidigia e l’adulazione, allora lo stato fiorisce veramente e, attribuendo alla saggezza del proprio principe il merito di quella felicità, se ne rallegra con giusta ragione e dice: insieme con questa saggezza è venuto a me ogni possibile bene.”8
Per Erasmo la saggezza è quindi connessa alla promozione dei valori e di un sentire positivo nei cittadini; quella che Bobbio indica come gentilezza dei costumi e coscienza civile.
“Perciò - dice Erasmo - Platone è più che mai scrupoloso nell’indicare in che modo dovranno essere educati i custodi dello stato, che vuole primeggino sugli altri uomini non per ricchezze, gioielli, eleganza, immagini di antenati o per guardie del corpo, ma unicamente per saggezza”9
Per saggi Platone intende i filosofi ma “per filosofia si intende non quella disciplina che indaga i principii primi, la materia primordiale, il moto o l’infinito, bensì quella saggezza capace di liberare l’animo umano dalle false opinioni comuni e dalle passioni peggiori e dunque di mostrare al principe l’arte di regnare in modo retto, ad imitazione dell’operare divino”10
Il “bene comune, che deve sempre essere l’unico scopo non solo dei re, ma anche dei loro amici e familiari” 11
Le qualità del Principe sono per Erasmo quanto di più distante da quelle richieste per un condottiero capace di piegare al suo volere la politica degli Stati dell’Italia rinascimentale, le qualità per Erasmo sono quelle umane e non dello stratega del potere. Né volpe né leone, ma “Il principe dovrà essere scelto “in base all’indole mansueta e placida e al carattere calmo e riflessivo: egli non dovrà essere così impulsivo da far temere, non appena la sorte gli consenta un abuso, di vederlo trasformarsi in tiranno e non prestare più ascolto a chi lo guida e lo consiglia; né dovrà essere così docile da farsi influenzare dalle parole del primo che capita … un regno deve essere consegnato a chi più degli altri ha virtù regali: cioè spirito di saggezza, giustizia, senso della misura, lungimiranza e amore per il bene pubblico” [cui contrari sono: piaceri, lussuria, fasto, arroganza, avidità, iracondia e tirannide] … “Ciò cui deve badare il principe nel governo è ciò cui deve badare il popolo nello scegliere il principe: il bene collettivo, separato completamente da ogni interesse personale”12
Si tratta in fondo di quelle virtù civica che Gobetti vedeva nelle nazioni europee che avevano avuto una riforma e che vedeva mancare in Italia, una mancanza che è stata tra le cause del fascismo, o per lo meno del suo grande consenso popolare.
L’educazione del principe verte innanzitutto sulle qualità morali che nascono dalla capacità della ragione e dalla natura sociale umana, i sentimenti morali che sono alla base dei valori morali: “Già nel bambino, da alcuni atteggiamenti, si può infatti comprendere se egli ha la tendenza all’iracondia o all’arroganza, all’ambizione o al desiderio di essere elogiato, ai piaceri o al gioco dei dadi o ad accumulare denaro, alla vendetta o alla litigiosità, all’incapacità di controllarsi o al dispotismo. A quel punto il precettore, dove avrà individuato il punto debole del futuro principe riguardo ad un vizio, lì si dovrà impegnare a rafforzare la sua indole con insegnamenti sani e con regole adatte e dovrà cercare di portare verso abitudini differenti un carattere ancora docile. Al contrario, dove avrà individuato che la natura del principe è incline al bene ovvero a vizi che possono facilmente ricondursi al bene, come per esempio l’ambizione o la prodigalità, su quel versante il precettore dovrà fare leva e assecondare con l’educazione la predisposizione naturale”13
“Non basta impartire i precetti che allontanano dal vizio ed esortano alla virtù. Essi debbono essere, per così dire, radicati nell’animo del principe, debbono essere conficcati e inculcati in lui e richiamati in mille modi alla sua memoria”14

Il Tiranno
Comportamento contrario a quello del Principe, uomo libero tra liberi, è quello del Tiranno. Come la libertà è legata alle virtù del Principe, così la miseria morale e materiale è legata ai vizi del Tiranno.
Il Tiranno non persegue il benessere e il bene morale dei sudditi. Egli “… diviene più potente grazie alla rovina dei sudditi… l’obiettivo si ottiene da parte del tiranno facendo di tutto affinché i sudditi siano quanto più possibile tapini e poveri di spirito: e questo è il risultato del trattarli come servi, del ridurli ad operare senza dignità, del renderli schiavi delle delazioni e dei piaceri. Il tiranno sa infatti molto bene che gli animi nobili ed alti mal sopportano il dispotismo. … Inoltre … basta fomentare l’odio e le delazioni reciproche, mentre il tiranno via via diviene più potente grazie alla rovina dei sudditi.”15
In queste parole si avverte il peso di quanto possa essere tirannico un potere che non promuove il miglioramento e la crescita morale attraverso gli strumenti dell’istruzione e della diffusione della cultura. Espressione più tipica del rapporto tra il Tiranno e è il panem et circenses quale strumento per la sottomissione morale e culturale, uno strumento di potere che agisce come surrogato della esigenza di moralità ed elevazione.
Il Tiranno racchiude nella propria persona tutte le passioni tristi “dispotico, crudele, feroce, violento, ingordo, avido del denaro altrui e, per usare un’espressione di Platone, bramoso di ricchezze, rapace e, secondo le parole di Omero, divoratore di popoli, superbo, arrogante, inaccessibile, difficile da incontrare e da trattare, sgarbato nel parlargli, inutilmente irascibile, irritabile, insopportabile, inquieto, servo dei piaceri, privo di freni, smoderato, irriflessivo, disumano, ingiusto, incapace di prendere buone decisioni, iniquo, empio, privo di razionalità, leggero, incostante e facile a ingannarsi, docile con le persone sbagliate, nervoso, vittima delle passioni, incapace di accettare correzioni, offensivo, promotore di guerre, pesante, fastidioso, irriducibile, intollerabile. … e dal momento che non c’è bestia feroce più pericolosa di un tiranno, è lecito ritenere che nulla sia più sgradito al genere umano di un cattivo principe”16
Obiettivo di Erasmo è il contrasto alla schiavitù morale e alla tirannide. L’idea di cittadino di Erasmo precorre l’Illuminismo nel concetto di libertà, così come precorre il pensiero sulla libertà di natura di Rousseau e la liberazione propugnata da Lutero. Essere cristiani vuol dire essere liberi. “Dal momento che la natura ha generato tutti gli uomini liberi di nascita e la servitù è stata introdotta forzando la natura, come ammettono anche le leggi dei pagani, considera quanto poco si addica a un cristiano usurpare la signoria sugli altri cristiani, che non sono servi per nessuna legge e anzi sono stati riscattati da ogni servitù per opera di Cristo … È assolutamente assurdo che tu ritenga servi quelli che Cristo ha riscattato in libertà con il medesimo sangue con cui ha riscattato te, cui somministra i tuoi stessi sacramenti e che ha chiamato ad ereditare la stessa immortalità, e che tu presuma di ridurre in schiavitù uomini che hanno in comune con te lo stesso signore e principe, Gesù Cristo”17
Erasmo propende per una monarchia costituzionale in cui esista un equilibrio tra diversi poteri, che si limitano reciprocamente, e corpi intermedi: “Se si potesse avere un principe dotato di tutte le virtù, sarebbe auspicabile la monarchia pura e secca … per come vanno oggi le cose, allora è preferibile che la monarchia sia limitata e mescolata con il potere dell’aristocrazia e con elementi di governo popolare, affinché essa non degeneri in tirannide: come sono in reciproco equilibrio gli elementi naturali, allo stesso modo si mantenga lo stato. Se il principe è ben disposto nei confronti dello stato, interpreterà come aiuto, non come violazione, questa limitazione nei confronti del suo potere; in caso contrario, tanto più occorre che ci sia un ostacolo in grado di respingere la violenza di uno solo”18
Erasmo propone un’etica della libertà, su di essa, e sull’esercizio delle virtù cristiane, dovrà trovare anche legittimità il potere: “degraderà il suo regno colui il quale trasformerà in schiavi dei cittadini liberi. Quanto più sono nobili i sudditi, tanto più magnifico e splendido è il regno. Perciò si può dire che tuteli la tua maestà chi tutela la libertà e la dignità dei cittadini. Anche Dio, per non dominare su una massa di servi, ha donato il libero arbitrio agli angeli e agli uomini, proprio perché il suo regno fosse più splendido e autorevole.
Come può uno dirsi grande per il fatto di terrorizzare e dare ordini a cittadini del tutto addomesticati, proprio come animali?”19
La contrapposizione tra la virtù politica e il vizio del potere esprime con forza la contrapposizione tra libertà e tirannia, tra crescita morale e civile di un popolo e popolo sottomesso e sottoposto al degrado morale, obbediente per terrore più che per espressione di civiltà e cultura. Scrive Erasmo: “ … Il tiranno ha come ministri la paura, l’inganno e la malvagità, il re invece la saggezza, l’integrità morale e la volontà di compiere il bene. Il tiranno detiene il potere per sé stesso, il re governa per il bene comune… Il tiranno gode della presenza o degli stupidi, su cui esercita la propria influenza, o dei delinquenti, che gli servono come sostegno materiale del suo regime dispotico, ovvero degli adulatori, che gli dicono tutto ciò che ama sentirsi dire. Il re, invece, si compiace della compagnia degli uomini saggi, dal cui consiglio sa ricavare giovamento: quanto migliore è un uomo, tanto più egli lo tiene in considerazione, perché sa di potersi fidare ciecamente di una persona del genere; perciò il re ama circondarsi di uomini liberi, dalla cui compagnia è reso egli stesso migliore.”20
La partecipazione alla vita civile, la coesione sociale proveniente da reciproci rapporti di collaborazione e riconoscimento reciproco, la pace e la virtù liberale della tolleranza sono il fondamento della civiltà e della coscienza civile in una società di liberi. Infatti laddove “…Il tiranno si sforza di fomentare le divisioni e i contrasti tra i sudditi e fa di tutto per alimentare ed accrescere gli odi sorti in modo casuale: in questo modo rafforza la propria posizione. Il re, invece, ha a cuore soltanto che i sudditi siano in pace: se per qualche ragione tra loro sorge un dissidio, egli non esita a fare di tutto per ricomporlo, perché sa che esso sarebbe l’origine di un danno gravissimo per lo stato…. Il re … agisce allo scopo di rendere permanente la pace pubblica: egli è infatti consapevole che dalla guerra, una volta scoppiata, scaturisce ogni possibile danno per la collettività.”21
“L’uomo è un animale divino e due volte libero: anzitutto per natura, in secondo luogo grazie alle leggi che si è dato. Perciò è segno di somma virtù e di animo divino che un re sappia dosare l’arte del comando in modo tale che il popolo avverta il beneficio senza sentirsi asservito”. Mentre “Nell’uomo governa la parte più nobile, cioè l’animo; all’interno dell’animo prevale la parte migliore, cioè la ragione. Anche nell’universo il governo è dell’entità migliore tra tutte, cioè Dio. Così nello stato, proprio come se si trattasse di un grande corpo, chi ha il compito di comandare deve essere superiore a tutti per bontà, saggezza e accortezza.”22
Quindi “per un cristiano il comando altro non è che il senso del dovere nell’amministrazione dello stato, affidatagli per fare del bene” 23

Le virtù del Principe
La temperanza è una virtù del principe. La temerarietà, invece, dovuta al fatto che non si è in grado di giudicare non è una qualità del Principe. In realtà “la forza del Principe deve derivare da altre sorgenti ... [Infatti], Occorre che veda più di tutti ... occorre che sia più saggio degli altri colui il quale, da solo, decide per conto della comunità. Ciò che è Dio nell’universo, il sole nel mondo, l’occhio nel corpo: ecco cosa deve essere il principe nello stato.24” Il Principe deve essere saggio e non “si può essere re se non si è retti dalla ragione: cioè se non si adopera il buon senso e la capacità di giudizio.”25
Anche in questo caso troviamo una netta una divergenza di prospettiva rispetto a Machiavelli (in particolare rispetto al citato capitolo 15 del Principe). Per Machiavelli «vir bonus» e «princeps» sono figure difficilmente sovrapponibili: ciò che conta è che il principe eserciti le virtù che rinsaldano il potere, non curandosi troppo delle virtù che non hanno a che fare con la politica. Per Erasmo, all’opposto, può anche essere che una persona per bene non sia in grado di fare il principe, perché non è detto che il virtuoso abbia anche le capacità necessarie per governare; ma senza dubbio il buon principe non è tale se non è anzitutto «vir bonus». A monte delle differenti impostazioni di Erasmo e di Machiavelli si colloca il drastico pessimismo del secondo rispetto la natura umana e lo scetticismo rispetto al fatto che la saggezza e la rettitudine nei valori siano qualità utile al politico per il governo degli uomini.
Erasmo non è pessimista sulla natura umana e crede fermamente nell’importanza dei valori morali quali guida dell’azione politca. Le sue idee anticipano l’Illuminismo anche riguardo la ricerca della conoscenza e delle opinioni: “…la prima e la più viva preoccupazione di chi educherà il principe deve essere, come abbiamo detto, quella di estirpare dal suo animo le opinioni sbagliate che fanno parte del senso comune, se mai qualcuna si è insinuata in lui, e seminare nel suo petto pensieri benefici e degni di un principe cristiano”26

Cooperazione tra popoli: la pace
Promuovere la pace e gli scambi tra i popoli. “Il principe buono e saggio farà dunque in modo di essere in pace con tutti, e in particolare con i popoli confinanti, che potrebbero essere più pericolosi se fossero ostili, mentre invece potrebbero essere di grande giovamento allo stato se i rapporti saranno amichevoli; d’altra parte, se non si fanno commerci con loro, non si vede come possa stare in piedi l’economia dello stato27
La maggiore difficoltà nell’essere buoni sta nel voler esserlo: come è il caso di chi riconosce e disprezza l’ambizione, l’iracondia o la libidine, … è con questo spirito che è facile respingere o attenuare il vizio”28.
Il principe di Erasmo promuove e cerca la pace: “l’attenzione principale e più grande deve essere riposta dal principe, durante la sua formazione, ai mezzi che garantiscono nel modo più saggio la gestione della pace: con quei mezzi egli farà tutto il possibile per non dover ricorrere mai alla guerra.”29
Il Principe cristiano è tuttavia “capace di combattere in guerra ma non amante della guerra, bensì della pace, conciliatore di pace, sentinella di pace, capace di correggere i costumi del popolo, di essere guida e principe, di emanare leggi benefiche, nato per fare il bene”.

Istruzione ed eguaglianza
Erasmo promuove i valori cristiani in modo che ciò appaia in coerenza con lo stile di vita attraverso argomenti ripresi anche dai riformatori, dove i valori della spiritualità devono essere superiori al benessere mondano. Gli argomenti vanno oltre la contingenza storica ed esprimono gli elementi di una psicologia alternativa anche al consumismo della nostra società. Importante, in uno Stato, non è soltanto la crescita dei beni materiali, ma la cura dei valori morali attraverso l’educazione e la scuola “la principale speranza dello stato risiede in un sistema educativo funzionante”.
L’ osservanza delle sane leggi dello Stato rende onesti e felici, e come non è virtù e libertà il fatto di poter agire in modo indiscriminato, così non è vera uguaglianza trattare tutti allo stesso modo: “il principe consideri felici i sudditi non se sono ricchi o godono di buona salute, ma se esercitano la giustizia, conoscono la temperanza, non sono avidi di denaro, non si dimostrano violenti o faziosi, bensì il più possibile concordi … Non è felicità autentica il fatto che il popolo possa oziare e pascersi nel lusso. Non è vera libertà il fatto che a ciascuno sia consentito ciò che gli pare. Non è servitù, d’altra parte, vivere secondo la prescrizione di leggi oneste. Non è realmente tranquillo quello stato in cui il popolo asseconda ogni cenno del capo del principe, bensì quello in cui si obbedisce a leggi sane e ad un principe che prende buone decisioni coerenti con quelle leggi. Non è vera eguaglianza il fatto che tutti possano ricevere lo stesso premio, gli stessi diritti e gli stessi onori: questa è anzi, spesso, la peggiore delle ineguaglianze.”30 Erasmo pensa ad una società che non tratta tutti in modo uguale, questo tipo di uguaglianza sarebbe una ingiustizia, in largo anticipo su Marx!
Il governo deve essere ispirato a principi di equità. Se tuttavia la necessità impone di richiedere qualcosa al popolo, allora il buon principe dovrà preoccuparsi di farlo in modo che ai più umili quasi non ne giungano le conseguenze. Perché richiamare i ricchi ad uno stile di vita più austero non è in fondo sbagliato, ma costringere i meno abbienti alla fame e all’indigenza è non solo disumano, ma anche pericoloso.31 Inoltre “Bisogna inoltre fare in modo che non ci sia troppa diseguaglianza nella società. Non che io immagini di togliere ad alcuno le ricchezze con la forza: piuttosto, si deve far sì che le ricchezze di molti non cadano nelle mani di pochissimi. Platone auspicava che i cittadini non fossero né troppo ricchi né troppo poveri, perché il povero non è in condizione di giovare allo stato, il troppo ricco invece non vuole contribuire con la propria arte al bene comune”32

Garantire la libertà nel giudizio
La giustizia è anche garanzia per la libertà di fronte al giudizio “La garanzia è il principio della giustizia penale, in un periodo in cui dominava l’inquisizione. “Come il principe, così pure la legge deve essere sempre più incline a perdonare che a condannare: anzitutto perché deve essere per propria natura benigna, poi perché questo corrisponde al modo di comportarsi di Dio, la cui ira è lentissima nel dare corso alla vendetta, e infine perché il colpevole ingiustamente sfuggito alla pena si farà sempre in tempo a punirlo, mentre l’uomo ingiustamente condannato non potrà essere mai risarcito. Se anche egli non è morto a seguito della condanna, chi potrà valutare a pieno le sofferenze che ha patito?”33

Doveri del Principe
“La teologia cristiana attribuisce a Dio tre principali caratteristiche: la somma potenza, la somma saggezza e la somma bontà. Occorrerà che tu, nei limiti delle tue forze, dia prova esattamente di questi tre requisiti: la potenza senza bontà è semplicemente tirannide; senza saggezza, a sua volta, è pericolosa, non regale”34
Quali sono i doveri di un principe cristiano? “Seguire lo spirito di giustizia, rifiutare la violenza, astenersi dal saccheggio, non mettere in vendita le magistrature, non farsi corrompere: certo, in questo modo il tuo tesoro sarà meno ricco; ma tu non ti curare del fatto che l’erario è meno ricco, se riesci a far guadagnare la giustizia … Ciò che secondo gli altri più ti è lecito è proprio ciò da cui più ti devi astenere: devi essere più severo con te stesso proprio là dove tutti ti appaiono indulgenti; devi essere censore spietato di te stesso proprio quando tutti ti applaudono. La tua vita è pubblica e non può tenersi nascosta: perciò potrai essere un buon principe, che dunque giova ai propri sudditi, o un principe malvagio, che li danneggia”35
attivati dunque da subito per appropriarti quanto più puoi della forza derivante dalla saggezza, affinché tu riesca più di chiunque altro ad aver chiaro cosa sia giusto fare e cosa sia giusto evitare; in secondo luogo, sforzati di giovare al maggior numero di persone, perché la bontà consiste proprio in questo. Il potere ti serva essenzialmente a compiere tutto il bene che hai in animo di realizzare: anzi, a volerne compiere persino più di quanto tu effettivamente possa. Quanto al male che potresti esercitare, il potere ti induca a farne tanto meno, quanto più sarebbe possibile compierne”36.
Un messaggio contrapposto a quello di un Machiavelli la cui scienza della politica è accostata alla indifferenza verso i valori e quindi verso la libertà. Quello di Erasmo è al contrario un messaggio che disegna le virtù civiche del principe e quelle dei cittadini liberi. Un messaggio che che prelude all’illuminismo e ad una società che promuove le qualità umane facendo propri i principi della ragione come capacità critica e razionale e della libertà come limite di ogni attività umana.


1 Erasmo era un riformatore come Lutero e Calvino e proprio attraverso la costituzione dell’Impero sulle premesse dei valori cristiani universali, pensava di intervenire con le sue idee di riforma “Se è possibile parlare della riforma di Lutero come della «riforma del principe», e della riforma di Calvino come della «riforma delle città», tutto porta a pensare che la riforma di Erasmo intendeva (e forse avrebbe potuto) essere la «riforma dell’impero». Cecilia Asso, La stoltezza e la follia: Erasmo “catholicus” e altri equivoci”, 2012..
2 Erasmo da Rotterdam, L’educazione del principe cristiano, a cura di Davide Canfora, e-book, edizioni di Pagina, 2009, p. 3
3 Erasmo da Rotterdam, Ibidem, p. 91.
4  Ibidem, pp. 105-107.
5  Ibidem, p. 93,
6  Ibidem, 191-193.
7 Ibidem, p. 3.
8 Ibidem, p. 5.
9 Ibidem, p. 5.
10 Ibidem, pp. 5-6.
11   Ibidem, p. 11.
12  Ibidem, p. 13.
13  Ibidem, p. 25.
14   Ibidem, p. 27.
15  Ibidem, pp. 77-79.
16   Ibidem, pp. 97-101.
17  Ibidem, p. 113.
18   Ibidem, pp. 103-105.
19  Ibidem, p. 115.
20   Ibidem, p. 75.
21   Ibidem, p. 77.
22   Ibidem, pp. 107-109.
23   Ibidem, p. 109.
24  Ibidem, p. 135.
25   Ibidem, p. 143.
26   Ibidem, p. 151.
27  Ibidem, p. 263.
28   Ibidem, p. 179.
29   Ibidem, p. 181.
30  Ibidem, pp. 199.
31   Ibidem, p. 205.
32   Ibidem, p. 207.
33   Ibidem, p. 243.
34   Ibidem, p. 59.
35   Ibidem, p. 55.
36   Ibidem, p. 61.

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