sabato 30 maggio 2020

Raymond Aron. Libertà percepita: sentimento della libertà ed eguaglianza politica

Raymond Aron. Libertà percepita: il sentimento della libertà e la dialettica politica.

Si può parlare di libertà percepita come si parla di sicurezza percepita? La percezione della libertà è legata con la percezione della legittimità dell’ordine istituzionale e sociale nel suo complesso: “la coscienza della libertà – dice Aron – non si separa dalla coscienza della legittimità della società e … quest’ultima dipende in larga misura dai sentimenti che suscitano il gradi di disuguaglianza e il sistema di autorità[1]”. Naturalmente questi sentimenti dipendono dalla rappresentazione della “buona società” che ognuno si figura, e qui entrano in campo le convinzioni e le ideologie. Sotto questo aspetto, dice Aron, se consideriamo l’esistenza di un sentimento di libertà si può certamente dire che in una società ineguale come la nostra, in cui vi sono sempre persone più o meno oppresse o che si ritengono tali, in una società tale, sicuramente, molti individui “sentono di non essere liberi” e, magari, a volte non lo sono realmente.

[Il “sentimento di libertà” oggi si connette un problema non ancora del tutto maturo nel periodo in cui Aron scrive, che oggi il sentimento di libertà risulta fortemente connesso con la capacità di mantenere quantità di dati sulle preferenze delle persone ed utilizzarli al fine di orientare l’opinione pubblica o per finalità di marketing, un problema che riguarda il diritto alla privacy e il diritto di essere informati in modo corretto, vero, per dire, o in modo che le informazioni siano verificabili.]

Comunque, dice Aron, in un sistema sociale con forti disuguaglianze come il nostro, è sufficiente che i membri della società, o almeno parte di essi, “considerino ingiusto il sistema di autorità in quanto tale per non provare il sentimento della libertà”.

[Diciamo che questo sentimento, nel periodo in cui Aron scrive, era connesso con i movimenti di protesta che culminarono nel 1968 e che esprimevano anche una esigenza di una società più liberale e aperta, tranne che nelle declinazioni più anarchiche. Lo stesso sentimento oggi viene utilizzato ed alimentato con massicce dosi di propaganda, ai fini della lotta politica tra partiti, in un periodo in cui la dialettica tra le parti non sembra più essere quella della partecipazione alla comune impresa del progresso, come nel glorioso trentennio, ma alla delegittimazione reciproca e delle istituzioni che si ritengono ostacolo al proprio disegno politico, in particolare nei confronti delle istituzioni europee]

Tuttavia, è una situazione che riguarda il governo delle nostre società e la dialettica di una conflittualità che si intreccia con quella delle istituzioni e delle strutture economiche e sociali su cui si regge lo sviluppo nelle società nate dalla rivoluzione scientifica e industriale sullo Stato di diritto e con e la democrazia. Le nostre, come aveva intuito Tocqueville, sono società che tendono sempre verso una maggiore eguaglianza, attraverso l’affermazione di sempre maggiori diritti sociali. Aron parla di libertà, e di diritti di cittadinanza, libertà personali e collettive. Si tratta di una dialettica sulla quale si struttura anche gran parte del dibattito politico nelle democrazie liberali e trovano corpo gran parte delle organizzazioni e dei movimenti politici. “Perciò – dice Aron – riconosciamolo e accettiamolo la nostra società, che la maggior parte di noi … considera una società di libertà, può essere percepita da una parte della popolazione come una società di oppressione, a causa delle circostanze materiali nelle quali queste persone vivono, e anche per un’altra ragione che forse si spinge oltre, la loro rappresentazione della buona società.[2]

Quindi, per Aron, gli elementi o gli ingredienti con i quali si realizza nelle società liberal democratiche la dialettica politica che si manifesta attraverso gli strumenti governativi che concorrono al processo di miglioramento e di sviluppo economico e di una sempre maggiore affermazione dello status di cittadinanza dei suoi componente; questi elementi sono i diritti sociali che, non a caso Aron chiama libertà sociali, in quanto sono il presupposto per il godimento della piena cittadinanza, e delle rappresentazioni che i cittadini si fanno della buona società, dove entrano in gioco cultura e ideologie. Infatti, dice Aron, “l’ideologia di ognuno è almeno una delle cause del sentimento di libertà o al contrario di mancanza di libertà.”

Bisogna inoltre essere consapevoli del fatto che esisterà sempre una parte di cittadinanza, sulla base dei due presupposti indicati (libertà, sociali e propria rappresentazione della buona società), che “Nella misura in cui ritengono la società attuale … in quanto tale ingiusta, questi membri della società si sentono come tali privati della libertà perché non riconoscono la legittimità del sistema di potere, né dell’ordine economico e sociale nel suo complesso”. [Anche tali impulsi rientrano nei margini della governabilità dei sistemi liberal democratici, sembra dire Aron, fino al limite di quei movimenti che si pongono in termini di violazione delle leggi e delle regole della libera convivenza sociale o addirittura, fanno, della delegittimazione, ed è quello a cui assistiamo oggi, ma che non mancava anche in epoca di guerra fredda in cui erano presenti partiti politici più o meno dichiaratamente rivoluzionari; fanno della delegittimazione delle istituzioni uno strumento di lotta politica o addirittura un obiettivo con cui colpire le istituzioni.]

Il sentimento di libertà, le ideologie vecchie e nuove, la coscienza della legittimità, si intrecciano e si costruiscono sui sentimenti che suscitano le cosiddette ingiustizie sociali, o il grado di tollerabilità delle diseguaglianze sociali e il sistema delle autorità e il loro la loro capacità di essere rappresentativi della volontà e delle istanze provenienti dalla società e dai cittadini. Scrive Aron “Direi volentieri che la coscienza della libertà non si separa dalla coscienza della legittimità della società e che quest’ultima dipende in larga misura dai sentimenti che suscitano il grado di disuguaglianza e il sistema di autorità[3]”. Su quest’arco di problematiche trova espressione il conflitto politico nelle democrazie occidentali attraverso partiti e movimenti che declinano le istanze sul terreno delle tradizioni e vicende nazionali e locali.

Esiste un aspetto della legittimazione delle autorità che riguarda la struttura gerarchica e burocratica delle nostre società così strutturata anche nella catena delle decisioni. Questo sistema viene percepito come illiberale e riguarda anche i limiti del metodo democratico come strumento per la formulazione e la presa delle decisioni: maggiori sono le competenze tecniche richieste, nella economia come nella scienza e nella ricerca, minore è il grado di coinvolgimento richiesto nella decisione. Tuttavia, le decisioni, qualunque sia il settore, comportano sempre delle conseguenze che riguardano la società nel suo complesso e in quanto tali anche queste decisioni presentano aspetti che possono essere considerati di interesse pubblico. Per quanto riguarda l’economia nel suo aspetto dell’attività imprenditoriale “quest’impressione di non libertà potrebbe essere attenuata solo da un’organizzazione meno gerarchica del lavoro o da una maggiore adesione dei lavoratori al sistema”. Su questo terreno si gioca un altro conflitto, che Aron mutua da Tocqueville, che riguarda la struttura delle società moderne, la tendenza verso la meritocrazia e la sempre maggiore specializzazione che diventa assunzione di responsabilità e la tendenza verso l’uguaglianza. [Rispetto a questa tendenza e alle assunzioni di responsabilità pubbliche, Aron non si occupa dei limiti della ricerca scientifica, ma il tema sconfina verso argomenti di natura etica e può riguardare i “diritti dell’uomo a valore universale”]

“Il mio elenco delle libertà presenta evidentemente un carattere empirico e storico. Va da sé che alcune di queste libertà non avrebbero alcun significato in società diversa dalla nostra.” Infatti, prosegue Aron “le libertà che ho ricordato coprono pressappoco l’essenziale di ciò che noi in Europa, compresa l’Europa orientale (Aron scrive nel 1978), consideriamo l’essenziale delle nostre libertà[4]”.

Quest’ultimo inciso di Aron lascia intravedere quella che era la sua concezione che voleva la società sovietica non come alternativa al modello occidentale ma soltanto come un sistema di società industriale, proveniente dalla stessa storia che ha riguardato l’Europa Occidentale, realizzato a partire da una idea che pensava di poter fare ameno delle libertà personali e politiche e dell’iniziativa individuale nell’economia, in sostanza un esperimento autoritario di società industriale durato fino al 1989.

 

Le quattro libertà e l’uguaglianza politica

La distinzione delle tre categorie di libertà in libertà personali, libertà politiche e libertà sociali, “non coincide – dice Aron – in alcun modo con la distinzione oggi divenuta corrente delle libertà formali e delle libertà materiali o reali.” Ma tuttavia se si vuole ricondurre queste forme di libertà alla distinzione tra libertà reali e libertà formali, Aron aggiunge che le libertà personali, nel modo inteso, sono da considerare libertà reali per eccellenza, libertà “essenzialmente o eminentemente reali” che “sono diventate a tal punto il nostro modo normale ed evidente di vivere che prendiamo coscienza dal loro eminente valore solo quando sono violate o soppresse.”

Anche le libertà sociali sono libertà reali nello stesso senso poiché attengono alla possibilità di stabilire un equilibrio nella gestione del potere che riguarda governanti, o dirigenti e governati o subordinati, un controllo che si esprime attraverso la legge . Esse sono infatti “condizioni necessarie all’esercizio di alcune libertà, oppure sono uno sforzo per ridurre lo scarto di potere tra coloro che detengono l’autorità e coloro che la subiscono.” Questa è una libertà necessaria alla stessa vita organizzativa nelle nostre società a struttura gerarchica e, finché questa esiste “l’organizzazione di coloro che obbediscono per limitare gli abusi di coloro che comandano sarà sempre una necessità giustificata dai principi che noi invochiamo”.

Si tratta di una libertà civica protesa al miglioramento della vita e delle relazioni nelle organizzazioni, all’interno delle quali possiamo annoverare tutte le forme di associazionismo che tutelano i cittadini dagli abusi delle amministrazioni, tipo Ombudsman, o le associazioni dei consumatori, fino ad arrivare alla tutela legale sotto il vincolo del garantismo e del rispetto delle libertà personali e alla difesa. Aron considera fondamentale, nelle democrazie liberali, il civismo come forma di moralità in quanto l’uomo libero realizza sé stesso obbedendo alla legge.

Riguardo alle libertà politiche risulta più difficile stabilire se si tratta di libertà reali o di libertà formali, ma sono quelle libertà attraverso le quali si manifesta e si realizza l’uguaglianza degli individui. Le libertà politiche, dice Aron, “hanno un eminente valore simbolico e indirettamente una notevole efficacia della maggior parte delle circostanze.” Le libertà politiche sono definite rispetto al diritto di voto e il loro valore simbolico dipende proprio da questa circostanza “Perché – dice Aron – il diritto di voto consacra per così dire l’uguaglianza di tutti gli individui, nonostante tutte le disuguaglianze, rispetto a qualcosa che in sé è essenziale, cioè la scelta dei governanti[5]”. [Dal giusnaturalismo si è molto discusso di disuguaglianza, ma non si mai data una definizione esaustiva di cosa sia l’uguaglianza che non in senso morale o religioso. Ora, possiamo dire, Aron ne dà una definizione politica: l’uguaglianza, in modo essenziale, cioè per sua essenza, si traduce, nelle società rette da istituzioni liberal democratiche, nel diritto di scegliersi i propri governanti attraverso l’esercizio democratico del voto.

Una definizione che non vuole essere universale, infatti Aron in premessa alla sua riflessione dice di non voler parlare in termini generici quanto vuoti, come per esempio accade nella Dichiarazione del 1789; ma intende sviluppare delle considerazioni che valgono per le società liberal democratiche, quindi anche il concetto di uguaglianza si limita ad una definizione che assume senso e giustificazione all’interno di questo contesto storico istituzionale e sociale. [Ancor più precisamente, e in senso sincronico quanto universale, possiamo parlare per Aron di una concezione “politica” dell’uguaglianza, in analogia con quella che John Rawls definisce come una concezione “politica” della giustizia a cui si ispira la sua Teoria. Una concezione politica è innanzi tutto una concezione non ontologica ma una concezione di tipo costruttivista. Aron non è certamente un costruttivista, ma la sua idea di uguaglianza è coerente con una tale concezione. Inoltre, questa forma di uguaglianza non deve essere confusa con l’uguaglianza nello stato di natura, di cui parla Rousseau, in quanto questa uguaglianza di natura di fatto non esiste essendo lo stato di natura il regno per eccellenza delle diseguaglianze naturali tra gli esseri.

L’uguaglianza politica trova la sua massima espressione nel momento elettorale. Possiamo certamente dire, sostiene Aron, che il momento elettorale e la procedura parlamentare non offrono necessariamente al popolo la “sensazione di governarsi da sé”, è questo, in fondo, il senso ultimo dell’uguaglianza politica. Ed è ancora vero che l’esistenza di queste procedure non costituisce una garanzia assoluta contro gli abusi di potere o contro il dispotismo, ma – dice Aron – “rappresenta comunque una forma di protezione e per così dire un baluardo … nel senso che in una società nella quale si rispettano le procedure elettorali, nel loro spirito, si prevengono e correggono molte violenze e ingiustizie che affliggono la società che ignorano queste procedure”. In ogni caso le libertà politiche sono, dice Aron, la condizione essenziale delle altre libertà, le libertà personali e le libertà sociali

“In breve, soprattutto se si tiene conto delle nostre esperienze del XX secolo, forse si possono considerare queste libertà politiche, che ho inserito fra le libertà personali e le libertà sociali, la forma di libertà più simbolicamente significativa e al tempo stesso, in una misura variabile secondo i casi, la condizione essenziale delle altre libertà.”

Nelle nostre società le libertà si possono definire sia contro lo Stato che grazie allo Stato. “Per secoli, le libertà degli individui sono state concepite come forme di resistenza agli abusi dello Sato, come limiti alla sua onnipotenza, ma contemporaneamente, nelle società in cui viviamo, noi ci aspettiamo dallo Stato la garanzia di alcune delle nostre libertà.” In tal senso anche la sicurezza viene definita grazie allo Stato ma anche contro lo Stato. La libertà di critica si suppone si possa esprimere contro lo Stato, ma deve al contempo essere garantita dallo Stato. Anche le libertà sociali derivano dalla protezione e dagli aiuti dello Stato o dei sindacati, aiuti e protezione che aumentano la forza individuale dei lavoratori che in apparenza si erge contro lo Stato, ma che di fatto ne rappresenta la forza anche nel panorama internazionale.

Come già annunciato da Aron nella sua premessa metodologica esiste una precondizione al valore delle libertà in tal modo considerate, una condizione per la quale, come avrebbe detto Bobbio, si può dire che la democrazia rappresenta la forma migliore tra quelle di società possibili. Infatti, dice Aron, la condizione dell’efficacia di tali libertà “è che lo Stato sia di tipo democratico, che non sia cioè uno Stato partigiano e non si confonda né con una religione né con un’ideologia.” Forse, dice Aron, può essere pericoloso che uno Stato si definisca in modo negativo, ma di fatto i nostri regimi democratici si definiscono in questo modo.

 



[1] Raymond Aron, Libertà e uguaglianza. L’ultima lezione al College de France. Edizioni Dehoniane Bologna e-book 2015 cap. 3. Coscienza della libertà e rappresentazione della buona società.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] Ibidem cap. 2 Le libertà nelle democrazie liberali.


Perché non possiamo non dirci liberali. Il liberalismo critico di Raymond Aron.

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