Raymond Aron. Libertà percepita: il sentimento della
libertà e la dialettica politica.
Si può parlare di libertà percepita come si parla di
sicurezza percepita? La percezione della libertà è legata con la percezione
della legittimità dell’ordine istituzionale e sociale nel suo complesso: “la
coscienza della libertà – dice Aron – non si separa dalla coscienza della
legittimità della società e … quest’ultima dipende in larga misura dai
sentimenti che suscitano il gradi di disuguaglianza e il sistema di autorità[1]”. Naturalmente
questi sentimenti dipendono dalla rappresentazione della “buona società” che
ognuno si figura, e qui entrano in campo le convinzioni e le ideologie. Sotto
questo aspetto, dice Aron, se consideriamo l’esistenza di un sentimento di
libertà si può certamente dire che in una società ineguale come la nostra,
in cui vi sono sempre persone più o meno oppresse o che si ritengono tali, in
una società tale, sicuramente, molti individui “sentono di non essere liberi”
e, magari, a volte non lo sono realmente.
[Il “sentimento di libertà” oggi si connette un problema non
ancora del tutto maturo nel periodo in cui Aron scrive, che oggi il sentimento
di libertà risulta fortemente connesso con la capacità di mantenere quantità di
dati sulle preferenze delle persone ed utilizzarli al fine di orientare
l’opinione pubblica o per finalità di marketing, un problema che riguarda il
diritto alla privacy e il diritto di essere informati in modo corretto, vero,
per dire, o in modo che le informazioni siano verificabili.]
Comunque, dice Aron, in un sistema sociale con forti
disuguaglianze come il nostro, è sufficiente che i membri della società, o
almeno parte di essi, “considerino ingiusto il sistema di autorità in quanto
tale per non provare il sentimento della libertà”.
[Diciamo che questo sentimento, nel periodo in cui Aron
scrive, era connesso con i movimenti di protesta che culminarono nel 1968 e che
esprimevano anche una esigenza di una società più liberale e aperta, tranne che
nelle declinazioni più anarchiche. Lo stesso sentimento oggi viene utilizzato
ed alimentato con massicce dosi di propaganda, ai fini della lotta politica tra
partiti, in un periodo in cui la dialettica tra le parti non sembra più essere
quella della partecipazione alla comune impresa del progresso, come nel
glorioso trentennio, ma alla delegittimazione reciproca e delle istituzioni che
si ritengono ostacolo al proprio disegno politico, in particolare nei confronti
delle istituzioni europee]
Tuttavia, è una situazione che riguarda il governo delle
nostre società e la dialettica di una conflittualità che si intreccia con
quella delle istituzioni e delle strutture economiche e sociali su cui si regge
lo sviluppo nelle società nate dalla rivoluzione scientifica e industriale
sullo Stato di diritto e con e la democrazia. Le nostre, come aveva intuito
Tocqueville, sono società che tendono sempre verso una maggiore eguaglianza,
attraverso l’affermazione di sempre maggiori diritti sociali. Aron parla di
libertà, e di diritti di cittadinanza, libertà personali e collettive. Si
tratta di una dialettica sulla quale si struttura anche gran parte del
dibattito politico nelle democrazie liberali e trovano corpo gran parte delle
organizzazioni e dei movimenti politici. “Perciò – dice Aron – riconosciamolo e
accettiamolo la nostra società, che la maggior parte di noi … considera una
società di libertà, può essere percepita da una parte della popolazione come
una società di oppressione, a causa delle circostanze materiali nelle quali
queste persone vivono, e anche per un’altra ragione che forse si spinge oltre,
la loro rappresentazione della buona società.[2]”
Quindi, per Aron, gli elementi o gli ingredienti con i quali
si realizza nelle società liberal democratiche la dialettica politica che si
manifesta attraverso gli strumenti governativi che concorrono al processo di
miglioramento e di sviluppo economico e di una sempre maggiore affermazione
dello status di cittadinanza dei suoi componente; questi elementi sono i
diritti sociali che, non a caso Aron chiama libertà sociali, in quanto
sono il presupposto per il godimento della piena cittadinanza, e delle
rappresentazioni che i cittadini si fanno della buona società, dove entrano in
gioco cultura e ideologie. Infatti, dice Aron, “l’ideologia di ognuno è almeno
una delle cause del sentimento di libertà o al contrario di mancanza di
libertà.”
Bisogna inoltre essere consapevoli del fatto che esisterà
sempre una parte di cittadinanza, sulla base dei due presupposti indicati
(libertà, sociali e propria rappresentazione della buona società), che “Nella
misura in cui ritengono la società attuale … in quanto tale ingiusta, questi
membri della società si sentono come tali privati della libertà perché non
riconoscono la legittimità del sistema di potere, né dell’ordine economico e
sociale nel suo complesso”. [Anche tali impulsi rientrano nei margini della
governabilità dei sistemi liberal democratici, sembra dire Aron, fino al limite
di quei movimenti che si pongono in termini di violazione delle leggi e delle
regole della libera convivenza sociale o addirittura, fanno, della
delegittimazione, ed è quello a cui assistiamo oggi, ma che non mancava anche
in epoca di guerra fredda in cui erano presenti partiti politici più o meno
dichiaratamente rivoluzionari; fanno della delegittimazione delle istituzioni
uno strumento di lotta politica o addirittura un obiettivo con cui colpire le
istituzioni.]
Il sentimento di libertà, le ideologie vecchie e nuove, la
coscienza della legittimità, si intrecciano e si costruiscono sui sentimenti
che suscitano le cosiddette ingiustizie sociali, o il grado di tollerabilità
delle diseguaglianze sociali e il sistema delle autorità e il loro la loro
capacità di essere rappresentativi della volontà e delle istanze provenienti
dalla società e dai cittadini. Scrive Aron “Direi volentieri che la coscienza
della libertà non si separa dalla coscienza della legittimità della società e
che quest’ultima dipende in larga misura dai sentimenti che suscitano il grado
di disuguaglianza e il sistema di autorità[3]”. Su
quest’arco di problematiche trova espressione il conflitto politico nelle
democrazie occidentali attraverso partiti e movimenti che declinano le istanze
sul terreno delle tradizioni e vicende nazionali e locali.
Esiste un aspetto della legittimazione delle autorità che
riguarda la struttura gerarchica e burocratica delle nostre società così
strutturata anche nella catena delle decisioni. Questo sistema viene percepito
come illiberale e riguarda anche i limiti del metodo democratico come strumento
per la formulazione e la presa delle decisioni: maggiori sono le competenze
tecniche richieste, nella economia come nella scienza e nella ricerca, minore è
il grado di coinvolgimento richiesto nella decisione. Tuttavia, le decisioni,
qualunque sia il settore, comportano sempre delle conseguenze che riguardano la
società nel suo complesso e in quanto tali anche queste decisioni presentano
aspetti che possono essere considerati di interesse pubblico. Per quanto
riguarda l’economia nel suo aspetto dell’attività imprenditoriale “quest’impressione
di non libertà potrebbe essere attenuata solo da un’organizzazione meno
gerarchica del lavoro o da una maggiore adesione dei lavoratori al sistema”. Su
questo terreno si gioca un altro conflitto, che Aron mutua da Tocqueville, che
riguarda la struttura delle società moderne, la tendenza verso la meritocrazia
e la sempre maggiore specializzazione che diventa assunzione di responsabilità
e la tendenza verso l’uguaglianza. [Rispetto a questa tendenza e alle
assunzioni di responsabilità pubbliche, Aron non si occupa dei limiti della
ricerca scientifica, ma il tema sconfina verso argomenti di natura etica e può
riguardare i “diritti dell’uomo a valore universale”]
“Il mio elenco delle libertà presenta evidentemente un
carattere empirico e storico. Va da sé che alcune di queste libertà non
avrebbero alcun significato in società diversa dalla nostra.” Infatti, prosegue
Aron “le libertà che ho ricordato coprono pressappoco l’essenziale di ciò che
noi in Europa, compresa l’Europa orientale (Aron scrive nel 1978), consideriamo
l’essenziale delle nostre libertà[4]”.
Quest’ultimo inciso di Aron lascia intravedere quella che
era la sua concezione che voleva la società sovietica non come alternativa al
modello occidentale ma soltanto come un sistema di società industriale,
proveniente dalla stessa storia che ha riguardato l’Europa Occidentale,
realizzato a partire da una idea che pensava di poter fare ameno delle libertà
personali e politiche e dell’iniziativa individuale nell’economia, in sostanza
un esperimento autoritario di società industriale durato fino al 1989.
Le quattro libertà e l’uguaglianza politica
La distinzione delle tre categorie di libertà in libertà
personali, libertà politiche e libertà sociali, “non coincide – dice Aron – in
alcun modo con la distinzione oggi divenuta corrente delle libertà formali e
delle libertà materiali o reali.” Ma tuttavia se si vuole ricondurre queste
forme di libertà alla distinzione tra libertà reali e libertà formali, Aron
aggiunge che le libertà personali, nel modo inteso, sono da considerare libertà
reali per eccellenza, libertà “essenzialmente o eminentemente reali” che “sono
diventate a tal punto il nostro modo normale ed evidente di vivere che
prendiamo coscienza dal loro eminente valore solo quando sono violate o
soppresse.”
Anche le libertà sociali sono libertà reali nello stesso
senso poiché attengono alla possibilità di stabilire un equilibrio nella
gestione del potere che riguarda governanti, o dirigenti e governati o
subordinati, un controllo che si esprime attraverso la legge . Esse sono
infatti “condizioni necessarie all’esercizio di alcune libertà, oppure sono uno
sforzo per ridurre lo scarto di potere tra coloro che detengono l’autorità e
coloro che la subiscono.” Questa è una libertà necessaria alla stessa vita
organizzativa nelle nostre società a struttura gerarchica e, finché questa
esiste “l’organizzazione di coloro che obbediscono per limitare gli abusi di
coloro che comandano sarà sempre una necessità giustificata dai principi che
noi invochiamo”.
Si tratta di una libertà civica protesa al miglioramento
della vita e delle relazioni nelle organizzazioni, all’interno delle quali
possiamo annoverare tutte le forme di associazionismo che tutelano i cittadini
dagli abusi delle amministrazioni, tipo Ombudsman, o le associazioni dei
consumatori, fino ad arrivare alla tutela legale sotto il vincolo del
garantismo e del rispetto delle libertà personali e alla difesa. Aron considera
fondamentale, nelle democrazie liberali, il civismo come forma di moralità in
quanto l’uomo libero realizza sé stesso obbedendo alla legge.
Riguardo alle libertà politiche risulta più difficile
stabilire se si tratta di libertà reali o di libertà formali, ma sono quelle
libertà attraverso le quali si manifesta e si realizza l’uguaglianza
degli individui. Le libertà politiche, dice Aron, “hanno un eminente valore
simbolico e indirettamente una notevole efficacia della maggior parte delle
circostanze.” Le libertà politiche sono definite rispetto al diritto di voto e
il loro valore simbolico dipende proprio da questa circostanza “Perché – dice
Aron – il diritto di voto consacra per così dire l’uguaglianza di tutti gli
individui, nonostante tutte le disuguaglianze, rispetto a qualcosa che in sé è
essenziale, cioè la scelta dei governanti[5]”. [Dal
giusnaturalismo si è molto discusso di disuguaglianza, ma non si mai data una
definizione esaustiva di cosa sia l’uguaglianza che non in senso morale o
religioso. Ora, possiamo dire, Aron ne dà una definizione politica: l’uguaglianza,
in modo essenziale, cioè per sua essenza, si traduce, nelle società rette da
istituzioni liberal democratiche, nel diritto di scegliersi i propri governanti
attraverso l’esercizio democratico del voto.
Una definizione che non vuole essere universale, infatti
Aron in premessa alla sua riflessione dice di non voler parlare in termini
generici quanto vuoti, come per esempio accade nella Dichiarazione del 1789; ma
intende sviluppare delle considerazioni che valgono per le società liberal
democratiche, quindi anche il concetto di uguaglianza si limita ad una
definizione che assume senso e giustificazione all’interno di questo contesto
storico istituzionale e sociale. [Ancor più precisamente, e in senso sincronico
quanto universale, possiamo parlare per Aron di una concezione “politica” dell’uguaglianza,
in analogia con quella che John Rawls definisce come una concezione “politica”
della giustizia a cui si ispira la sua Teoria. Una concezione politica è
innanzi tutto una concezione non ontologica ma una concezione di tipo
costruttivista. Aron non è certamente un costruttivista, ma la sua idea di
uguaglianza è coerente con una tale concezione. Inoltre, questa forma di
uguaglianza non deve essere confusa con l’uguaglianza nello stato di natura, di
cui parla Rousseau, in quanto questa uguaglianza di natura di fatto non esiste
essendo lo stato di natura il regno per eccellenza delle diseguaglianze
naturali tra gli esseri.
L’uguaglianza politica trova la sua massima espressione nel
momento elettorale. Possiamo certamente dire, sostiene Aron, che il momento
elettorale e la procedura parlamentare non offrono necessariamente al popolo la
“sensazione di governarsi da sé”, è questo, in fondo, il senso ultimo dell’uguaglianza
politica. Ed è ancora vero che l’esistenza di queste procedure non costituisce
una garanzia assoluta contro gli abusi di potere o contro il dispotismo, ma –
dice Aron – “rappresenta comunque una forma di protezione e per così dire un
baluardo … nel senso che in una società nella quale si rispettano le procedure
elettorali, nel loro spirito, si prevengono e correggono molte violenze e
ingiustizie che affliggono la società che ignorano queste procedure”. In ogni
caso le libertà politiche sono, dice Aron, la condizione essenziale delle altre
libertà, le libertà personali e le libertà sociali
“In breve, soprattutto se si tiene conto delle nostre
esperienze del XX secolo, forse si possono considerare queste libertà
politiche, che ho inserito fra le libertà personali e le libertà sociali, la
forma di libertà più simbolicamente significativa e al tempo stesso, in una
misura variabile secondo i casi, la condizione essenziale delle altre libertà.”
Nelle nostre società le libertà si possono definire sia
contro lo Stato che grazie allo Stato. “Per secoli, le libertà degli individui
sono state concepite come forme di resistenza agli abusi dello Sato, come
limiti alla sua onnipotenza, ma contemporaneamente, nelle società in cui
viviamo, noi ci aspettiamo dallo Stato la garanzia di alcune delle nostre
libertà.” In tal senso anche la sicurezza viene definita grazie allo Stato ma
anche contro lo Stato. La libertà di critica si suppone si possa esprimere
contro lo Stato, ma deve al contempo essere garantita dallo Stato. Anche le
libertà sociali derivano dalla protezione e dagli aiuti dello Stato o dei
sindacati, aiuti e protezione che aumentano la forza individuale dei lavoratori
che in apparenza si erge contro lo Stato, ma che di fatto ne rappresenta la
forza anche nel panorama internazionale.
Come già annunciato da Aron nella sua premessa metodologica
esiste una precondizione al valore delle libertà in tal modo considerate, una
condizione per la quale, come avrebbe detto Bobbio, si può dire che la
democrazia rappresenta la forma migliore tra quelle di società possibili.
Infatti, dice Aron, la condizione dell’efficacia di tali libertà “è che lo
Stato sia di tipo democratico, che non sia cioè uno Stato partigiano e non si
confonda né con una religione né con un’ideologia.” Forse, dice Aron, può
essere pericoloso che uno Stato si definisca in modo negativo, ma di fatto i
nostri regimi democratici si definiscono in questo modo.
[1] Raymond
Aron, Libertà e uguaglianza. L’ultima lezione al College de France.
Edizioni Dehoniane Bologna e-book 2015 cap. 3. Coscienza della libertà e
rappresentazione della buona società.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem cap. 2 Le libertà nelle democrazie
liberali.