lunedì 11 giugno 2018

John Rawls 0.1 - Il “rispetto di sé” come punto di intersezione tra Utilità e Contratto sociale

Il “rispetto di sé” è, secondo Rawls “il bene principale forse più importante”. Il rispetto di sé comprende innanzitutto la consapevolezza e la convinzione del senso del proprio valore: “la ferma convinzione che la concezione del proprio bene, il proprio piano di vita, merita di essere attuata”; in secondo luogo il rispetto di sé comprende la “la fiducia nella propria abilità personale a portare a termine, fin dove ci è possibile, i nostri propositi.”
Il rispetto di sé è un importante bene principale in quanto, dice Rawls, è chiaro che “in sua assenza può sembrare che niente meriti di essere fatto, oppure, se ci sono cose che hanno valore per noi ci manca la volontà di lottare per ottenerle. Se manca il bene principale del rispetto di sé “tutti i desideri e le attività diventano vuoti e inutili, e noi sprofondiamo nell’apatia e nel cinismo” Per questo motivo, dice Rawls, “le parti nella posizione originaria vorrebbero evitare, in ogni modo, le condizioni sociali che indeboliscono il rispetto di sé”.1
Da punto di vista del costruttivismo radicale Teoria di Rawls può essere letta a partire dalla soluzione data alla responsabilità e all’istanza individuale. Ciò consente di evitare la possibilità che la Teoria venga ridotta ad una sorta di architettura istituzionale fondata sui principi razionalisti del costruttivismo cognitivo di Rawls, quali quello della scelta sotto il velo di ignoranza e i principi di eguaglianza e di differenza su cui si sviluppa la giustizia distributiva. Mettere al centro l’istanza individuale consente alla Teoria di essere presentata anche come una risposta ai limiti del liberalismo classico e dell’utilitarismo. Inoltre la virtù, quale principio dell’agire sociale, se proiettata all’interno di un panorama esclusivamente contrattualista potrebbe assumere aspetti già noti nelle forme dello stato etico. La virtù, per rimanere tale, non deve sovrastare i limiti segnati dalla libertà individuale e dalla responsabilità. Quindi il liberalismo che nasce dalla virtù ha bisogno di un patto sociale come ha bisogno delle libertà individuali.
Pertanto il costruttivismo radicale affronta i problemi posti dalla Teoria di Rawls in coerenza con il principio pragmatico che vuole che la conoscenza, come pure la capacità di definire le relazioni umane e sociali avvenga a partire da un orizzonte che non può prescindere dalla responsabilità individuale e quindi, in senso politico, da quell’individuo portatore di interesse centro della riflessione liberale anche nella teoria utilitarista. Tuttavia mentre queste ultime arrivano a supporre l’inesistenza o la finzione rispetto a tutto ciò che non è riconducibile all’interesse individuale, e quindi all’idea che i rapporti sociali non sono che una finzione o, al più, una costruzione scenografica governata da una mano invisibile che opera sempre al fine di consentire la soddisfazione dell’utilità individuale; nel costruttivismo politico radicale, l’individuo e a scelta sono il punto focale per la realizzazione del patto sociale che, nella sua edificazione, ha come obiettivo proprio quello di promuovere l’individualità, la vocazione di ognuno e il rispetto di sé, quel rispetto che, come dice Bobbio, ha bisogno dell’”altro” per realizzarsi esprimendosi in quella virtù fondamentale che è la “mitezza”.
Un patto sociale che non è il risultato di una alienazione di una cessione della libertà propria in senso roussoviano od hobbesiano. Il contrattualismo, o meglio il neo contrattualismo rawlsiano, non è alienazione ma valorizzazione delle istanze che riguardano il miglioramento e la crescita della persona umana. Un contratto che mette al centro l’individuo umano come un fine, e mai come un mezzo. Sotto questo aspetto Rawls può essere considerato un esponente di u nuovo liberalismo non fondato sull’utilitarismo che promuove l’interesse o meglio la ricerca dell’utilità come somma di piacere. Il liberalismo rawlsiano promuove il “bene” che, in quanto tale, anche se i beni materiali sono indispensabili alla realizzazione delle opportunità e pertanto è desiderabile che di questi si disponga di una quantità maggiore piuttosto che minore, il “bene” non si realizza in una dimensione di isolamento nell’egoismo individuale, ma in una dimensione di riconoscimento delle capacità e del talento attraverso la realizzazione del proprio piano di vita improntato al principio aristotelico di affermazione delle proprie abilità. Il bene pubblico che si realizza nei principi di giustizia è quel bene di cui ognuno ha bisogno per la realizzazione del proprio piano di vita o del proprio bene che, in quanto tale, non è in conflitto con quello pubblico ma, per il principio di differenza, si definisce in un rapporto di cooperazione.
Il liberalismo di Rawls apre una nuova via per la teoria sociale e per le dottrine liberali in cui queste contribuiscono alla costruzione dei fondamenti per la libertà di individui diversi in quanto detentori di uguali opportunità, individui che cooperano nell’impresa sociale dando spazio alle differenze che vanno a vantaggio di tutti in un gioco a somma positiva dove a vincere sono tutti al contrario di quanto accade nel liberalismo utilitarista.
Pertanto la Teoria di Rawls non può essere considerata astrattamente come un progetto di ingegneria costituzionale per la costruzione di una società equa in funzione di un principio più raffinato di distribuzione e di redistribuzione. Una tale concezione condurrebbe la Teoria di Rawls al rango di una diversa forma di “realismo metafisico” (Watzlawick) privandola di quella dimensione pragmatica che costituisce il principale supporto per la sua esposizione come teoria e prassi del liberalismo politico.

1John Rawls, Una Teoria della giustizia, Feltrinelli Milano 1982. (A Theory of Justice, 1971), p. 362

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