Il
“rispetto di sé” è, secondo Rawls “il bene principale forse più importante”. Il rispetto di sé comprende
innanzitutto la consapevolezza e la convinzione del senso del
proprio valore: “la ferma convinzione che la concezione del
proprio bene, il proprio piano di vita, merita di essere attuata”;
in secondo luogo il rispetto di sé comprende la “la fiducia nella
propria abilità personale a portare a termine, fin dove ci è
possibile, i nostri propositi.”
Il
rispetto di sé è un importante bene principale in quanto, dice
Rawls, è chiaro che “in sua assenza può sembrare che niente
meriti di essere fatto, oppure, se ci sono cose che hanno valore per
noi ci manca la volontà di lottare per ottenerle. Se manca il bene
principale del rispetto di sé “tutti i desideri e le attività
diventano vuoti e inutili, e noi sprofondiamo nell’apatia e nel
cinismo” Per questo motivo, dice Rawls, “le parti nella posizione
originaria vorrebbero evitare, in ogni modo, le condizioni sociali
che indeboliscono il rispetto di sé”.1
Da
punto di vista del costruttivismo radicale Teoria di Rawls può
essere letta a partire dalla soluzione data alla responsabilità e
all’istanza individuale. Ciò consente di evitare la possibilità
che la Teoria venga ridotta ad una sorta di architettura
istituzionale fondata sui principi razionalisti del costruttivismo
cognitivo di Rawls, quali quello della scelta sotto il velo di
ignoranza e i principi di eguaglianza e di differenza su cui si
sviluppa la giustizia distributiva. Mettere al centro l’istanza
individuale consente alla Teoria di essere presentata anche come una
risposta ai limiti del liberalismo classico e dell’utilitarismo.
Inoltre la virtù, quale principio dell’agire sociale, se
proiettata all’interno di un panorama esclusivamente
contrattualista potrebbe assumere aspetti già noti nelle forme dello
stato etico. La virtù, per rimanere tale, non deve sovrastare i
limiti segnati dalla libertà individuale e dalla responsabilità.
Quindi il liberalismo che nasce dalla virtù ha bisogno di un patto
sociale come ha bisogno delle libertà individuali.
Pertanto
il costruttivismo radicale affronta i problemi posti dalla Teoria di
Rawls in coerenza con il principio pragmatico che vuole che la
conoscenza, come pure la capacità di definire le relazioni umane e
sociali avvenga a partire da un orizzonte che non può prescindere
dalla responsabilità individuale e quindi, in senso politico, da
quell’individuo portatore di interesse centro della riflessione
liberale anche nella teoria utilitarista. Tuttavia mentre queste
ultime arrivano a supporre l’inesistenza o la finzione rispetto a
tutto ciò che non è riconducibile all’interesse individuale,
e quindi all’idea che i rapporti sociali non sono che una finzione
o, al più, una costruzione scenografica governata da una mano
invisibile che opera sempre al fine di consentire la soddisfazione
dell’utilità individuale; nel costruttivismo politico radicale,
l’individuo e a scelta sono il punto focale per la realizzazione
del patto sociale che, nella sua edificazione, ha come obiettivo
proprio quello di promuovere l’individualità, la vocazione di
ognuno e il rispetto di sé, quel rispetto che, come dice Bobbio, ha
bisogno dell’”altro” per realizzarsi esprimendosi in quella
virtù fondamentale che è la “mitezza”.
Un
patto sociale che non è il risultato di una alienazione di una
cessione della libertà propria in senso roussoviano od hobbesiano.
Il contrattualismo, o meglio il neo contrattualismo rawlsiano, non è
alienazione ma valorizzazione delle istanze che riguardano il
miglioramento e la crescita della persona umana. Un contratto che
mette al centro l’individuo umano come un fine, e mai come un
mezzo. Sotto questo aspetto Rawls può essere considerato un
esponente di u nuovo liberalismo non fondato sull’utilitarismo che
promuove l’interesse o meglio la ricerca dell’utilità come somma
di piacere. Il liberalismo rawlsiano promuove il “bene” che, in
quanto tale, anche se i beni materiali sono indispensabili alla
realizzazione delle opportunità e pertanto è desiderabile che di
questi si disponga di una quantità maggiore piuttosto che minore, il
“bene” non si realizza in una dimensione di isolamento
nell’egoismo individuale, ma in una dimensione di riconoscimento
delle capacità e del talento attraverso la realizzazione del proprio
piano di vita improntato al principio aristotelico di affermazione
delle proprie abilità. Il bene pubblico che si realizza nei principi
di giustizia è quel bene di cui ognuno ha bisogno per la
realizzazione del proprio piano di vita o del proprio bene che, in
quanto tale, non è in conflitto con quello pubblico ma, per il
principio di differenza, si definisce in un rapporto di cooperazione.
Il
liberalismo di Rawls apre una nuova via per la teoria sociale e per
le dottrine liberali in cui queste contribuiscono alla costruzione
dei fondamenti per la libertà di individui diversi in quanto
detentori di uguali opportunità, individui che cooperano
nell’impresa sociale dando spazio alle differenze che vanno a
vantaggio di tutti in un gioco a somma positiva dove a vincere sono
tutti al contrario di quanto accade nel liberalismo utilitarista.
Pertanto
la Teoria di Rawls non può essere considerata astrattamente come un
progetto di ingegneria costituzionale per la costruzione di una
società equa in funzione di un principio più raffinato di
distribuzione e di redistribuzione. Una tale concezione condurrebbe
la Teoria di Rawls al rango di una diversa forma di “realismo
metafisico” (Watzlawick) privandola di quella dimensione pragmatica
che costituisce il principale supporto per la sua esposizione come
teoria e prassi del liberalismo politico.
1John
Rawls, Una Teoria della giustizia, Feltrinelli Milano 1982. (A
Theory of Justice, 1971), p. 362
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