mercoledì 6 giugno 2018

Macron: liberalismo senza ideologia. Ovvero il liberalismo sociale VS il populismo

Il crepuscolo del "secolo breve" sembrò segnare la fine delle ideologie che avevano ispirato le scelte e le lotte degli uomini per oltre un secolo. L'alba del nuovo millennio si è annunciata con la fine dei parti politici che di quelle ideologie di cui sono stati, nel bene e nel male, i portatori. Ciò vuol dire che hanno esaurito la funzione anche i sistemi sociali, istituzionali e i valori a cui gli uomini e le donne per oltre due secoli si sono ispirati nella loro costruzione? 
No. Al contrario oggi viviamo un'era in cui eguaglianza, libertà, solidarietà e miglioramento delle condizioni di esistenza, estensione dei vantaggi del progresso esteso a sempre più vaste popolazioni, insieme alle responsabilità a cui esso induce. Democrazia e stato di diritto, affermazione del "referente antropologico" della società nata dall'Illuminismo e dalla rivoluzione scientifica posto nel valore della vita umana, della dignità umana e della qualità della vita, nella salute come nell'istruzione. Viviamo in un'era in cui tutte le conquiste della società moderna, figlia di Prometeo, si stanno diffondendo all'intero globo, affermando la loro natura di valori universali. No, no è finita la funzione della politica perché dove finisce la politica, finisce la libertà umana e la liberazione della condizione umana che con la modernità e l'Illuminismo si è affermata nell'orizzonte umano. Oltre lo stesso concetto di Prodotto Nazionale Lordo, come sostiene Amartya Sen "Lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani" (da Lo sviluppo è libertà. Perché non c'è crescita senza democrazia, Mondadori 2000). 
Nell'espansione universale di quei valori sorti come appannaggio di un ridotto gruppo di nazioni del continente europeo, nasce la crisi del vecchio mondo, il mondo delle grandi ideologie. Una crisi che annuncia un nuovo mondo, ma che è sempre lo stesso mondo umano nato dalla rivoluzione scientifica, che si afferma con nuovi canoni di pensiero, nuovi strumenti, nuove competenze e nuove idee intorno a cui aggregare gli uomini e le società.  
Questo nuovo mondo sta scuotendo le istituzioni delle vecchie società fondate sullo Stato liberale e democratico e sta scuotendo le istituzioni della politica. Un terremoto che porta il cosiddetto occidente alla perdita del privilegio di essere il centro del mondo, e mentre le sue conquiste si espandono si perde l'esclusività per quei paesi che per due secoli hanno goduto in modo esclusivo dei vantaggi della modernità. Una perdita che ha con sé la conseguenza del divaricarsi delle differenze all'interno delle vecchie società democratiche liberali; una perdita che porta alla reazione del populismo sovranista, una reazione di chiusura paradossalmente nel momento in cui il mondo vede una espansione dei valori su cui era nata la società moderna. Ma la reazione populista sovranista non scongiura il rischio della perdita dei privilegi e dell'estinzione, anzi la favorisce e la prepara. L'estinzione che viene dalla incapacità di adattamento al mutamento dell'ambiente. Estinzione per scongiurare la quale bisogna invece andare incontro al proprio destino con la capacità di adattarsi e di salire sulla scala dell'evoluzione. 
Quindi non è finita la politica ma è la fine delle vecchie società forgiate nell'ottocento come stati nazionali che oggi devono trovare la loro strada nella società universale nata dalla diffusione della scienza e dalla tecnologia e dall'espansione di quel modello di società che porta sempre più popoli verso il godimento di quei diritti di cittadini, diritti civili e sociali, e del benessere di quello che solo alcuni decenni fa era considerato il primo mondo. Oggi le popolazioni europee e "occidentali" devono trovare la propria strada verso il mondo della globalizzazione, che non riguarda solo gli altri ma tocca noi stessi in prima persona. Perché, se e le cose stanno così, il sovranismo e la chiusura sarebbero la morte definitiva di quelle società che sono state la culla della civiltà. Per questo la politica non ha finito il suo compito. Infatti, è ancora compito della politica trovare gli strumenti, definire i valori e indicare gli obiettivi e le vie da seguire verso quel nuovo mondo dei diritti universali dell'era della globalizzazione. 
Nell'era della globalizzazione il progresso scientifico e lo sviluppo della tecnica non si presentano sempre con gli stessi aspetti che hanno avuto nella loro società e civiltà originaria, cioè attraverso la libertà e l'affermarsi della democrazia. Anche se la crescita del benessere porta alla richiesta di nuovi diritti di cittadinanza, non sempre ciò si produce secondo i canoni che hanno portato all'affermarsi del referente delle società occidentali che hanno posto al centro dei loro sforzi il rispetto della vita e della dignità umana. Si tratta di un referente che è il frutto di millenni di civiltà e che non si propaga semplicemente con i costrutti del progresso e che per affermarsi anche in occidente ha avuto bisogno di società fondate sullo stato di diritto e sulla democrazia liberale che riconosce il valore della vita, della dignità umana e della libertà, della libertà politica in particolare. 
Perché, come dice Aron "Le libertà politiche sono la condizione dei più alti valori. Le libertà intellettuali e le procedure democratiche sono un argine all'arbitrio del potere e rendono gli uomini capaci di ragione e moralità, né conformisti né ribelli ma cittadini critici e responsabili che danno vita ed eccellenza alle istituzioni. Liberi nei confronti della società di cui rispettano le leggi e denunciano le imperfezioni. Liberi perché rivendicano il diritto di cercare, se occorre, la verità e liberi di cercare la propria salvezza."  
Per questo oggi c'è bisogno di più politica, e non di meno. Una politica che pur sempre deve esprimersi attraverso forme organizzative che siano, innanzi tutto, coerenti con i valori che pretendono di affermare. Quindi una nuova forma per la politica, e una nuova forma per gli stessi valori dell'umanità e della società universale. Macron è uno dei precursori della politica progressista della società universale. Una politica che valorizza la storia e l'identità dei popoli mentre si apre al mondo e ai valori universali. 
Non è dunque un caso se Macron, nel saluto per la vittoria, abbia citato l’Illuminismo, e i valori della Rivoluzione Francese, il cui spirito “minacciato” va difeso “ovunque”. Macron ha posto l’Europa dell’Illuminismo al centro del suo disegno per far uscire la Francia dalla crisi economica e dalla crisi di identità in cui è avvolta come e più dell’Italia. Macron è un liberale. Un liberale che, contro gli “utopisti del passato”, crede fortemente nella autodeterminazione dell’individuo: “il progetto che la Francia reca in sé (…) è un progetto vecchio di secoli, (…) Dal Rinascimento al secolo dei Lumi, dalla Rivoluzione americana alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e all’antitotalitarismo, la Francia ha contribuito a illuminare il mondo per liberarlo dal giogo dell’ignoranza, dalle religioni oscurantiste, della violenza negatrice dell’individuo”.  
Macron sposta, l'asse della conflittualità per contrastare il populismo. Cuore della conflittualità non è la classe, ma è la modernità stessa e, con essa, i valori del secolo dei lumi, lo sviluppo della tecnica che riduce i posti di lavoro creando ricchezza solo per alcuni, perdita della speranza e paura per la maggioranza. 
Macron ha salutato la sua vittoria come la vittoria della speranza contro la paura e i suoi eserciti populisti. Una vittoria della libertà contro i nemici della libertà dell’uomo, contro il nichilismo e l’irrazionalismo che scaturisce dalla delusione causata dallo scontro tra le ispirazioni e i fatti. Quella di Macron è la vittoria dell’ottimismo; quell’ottimismo che trova dei valori positivi nella nostra storia. Un ottimismo pragmatico, che crede che l’uomo possa realizzare le proprie aspirazioni attraverso l'assunzione di responsabilità, la ragionevolezza, e così ridare forza alla speranza e alle ispirazioni. Questi sono i valori e l’utopia sociale ed europeista del liberalismo di Macron. Quella di Macron si presenta come una utopia realista, in cui la libertà precede l’uguaglianza (rovesciando l’assioma del marxismo), che diventa uguaglianza nelle opportunità che possano consentire a chiunque, indipendentemente dalle condizioni di nascita, di essere “diverso” (non “uguale”!) e di contribuire con la sua diversità all’arricchimento e al benessere della società, in particolare dei più svantaggiati (John Rawls). 
Laddove per il liberalismo classico la società è una finzione. Liberalismo sociale è costruito sui valori, sulla responsabilità, sui principi che rendono possibile una “politica ragionevole”, in grado di farsi carico del miglioramento della condizione della maggioranza promovendo lo sviluppo economico. Liberalismo come impegno morale per una società più equa, da promuovere attraverso lo sviluppo della scienza, della tecnica, delle capacità produttive, dell’economia di mercato. Liberalismo come impegno politico “ragionevole”, per porre rimedio alle contraddizioni e alle disuguaglianze che, inevitabilmente si incontrano nelle curve e nelle oscillazioni del progresso. Un liberalismo senza “ideologia liberale”, ma anche distante dalle ideologie del socialismo (Raymond Aron). Un liberalismo che è una attitudine morale ispirata dall’ottimismo per le sorti dell’umanità. Una attitudine come scelta di responsabilità e impegno, per mettersi in gioco senza la guida delle ideologie. Attitudine che ha la propria stella polare nella convinzione che tutti gli individui godano degli stessi diritti e le stesse libertà nel promuovere la propria vocazione.  
È questa la politica di cui abbiamo oggi bisogno, la politica per un movimento riformista del liberalismo sociale nel mondo globale.

Nessun commento:

Posta un commento

Perché non possiamo non dirci liberali. Il liberalismo critico di Raymond Aron.

https://www.lospiffero.com/ls_ballatoio_article.php?id=3835 https://amzn.eu/d/85oEalG