domenica 4 novembre 2018

Progresso, democrazia e libertà

A fronte di un movimento – partito politico che ha raggiunto un terzo dei consensi e ha posto come obiettivo della propria attività la “decrescita”, bisogna allora interrogarsi su cosa sia o siano stati la “crescita” e il “progresso” e se possano avere un senso ancora oggi. 

Cominciamo da Dahrendorf con la citazione di una citazione di fantasia per spiegare gli obiettivi del volume Il conflitto sociale nella modernità1: 
“La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria. Il presente libro è stato scritto sotto l’impressione di un terrore quasi religioso sorto nell’anima dell’autore alla vista di questa irresistibile rivoluzione che ha avanzato per tanti secoli atterrando ogni ostacolo e oggi ancora procede in mezzo alle rovine da essa stessa prodotte. Quando il potere regio appoggiandosi sull’aristocrazia governava incontrastato i popoli d’Europa, la società pur in mezzo alle miserie godeva di parecchi vantaggi che difficilmente si possono concepire e apprezzare ai nostri giorni. Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l’uomo al suo superiore naturale. Ha affogato i sacri brividi dell’esaltazione devota, dell’entusiasmo cavalleresco. Invece noi, abbandonando lo stato sociale dei nostri avi, gettandoci dietro le spalle le loro istituzioni, i loro costumi, le loro idee, che cosa vi abbiamo sostituito? Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza tutto ciò che vi era di stabile, è profanata ogni cosa sacra. Uomini religiosi combattono la libertà mentre amici della libertà combattono le religioni; spiriti nobili e generosi vantano la schiavitù e anime basse e servili preconizzano l’indipendenza; cittadini onesti e colti sono nemici di ogni progresso mentre uomini senza patriottismo e senza costumi si fanno apostoli della civiltà e della scienza.” 
Dahrendorf in questo “artefatto” testuale ha messo insieme frasi tratte dal Manifesto di Marx e dalla Democrazia in America di Tocqueville. Il testo fa emergere il conflitto tra la società preindustriale e l’avvento della società moderna attraverso il progresso dello sviluppo della tecnica. Marx e Tocqueville si erano posti lo stesso problema relativo al progresso, ma mentre il promo non si poneva in problema della libertà e della democrazia, il secondo considerava la libertà e la democrazia come imprescindibile rispetto ai valori. Il progresso e la tecnica non hanno bisogno della libertà per imporre il loro modello, infatti le dittature del XIX secolo sono state dalla parte del progresso ed espressione di una certa cultura futurista, finché questa non sconfinava nell’astrattismo. L’astratto è sospetto come l’individuo che vuole mantenere la propria indipendenza a fronte delle manifestazioni del regime. Individualità vuol dire libertà di coscienza e questo mette a rischio il potere. Non esistono valori se non c’è l’individuo e la libertà individuale, il mondo può essere portato avanti da una tecnica che sia questa attività degli scienziati o della burocrazia statale. Tocqueville vedeva nella tradizione la culla dei valori che dovevano essere preservati per poter avere una democrazia che fosse anche una istituzione per l’esercizio delle libertà e della ricchezza di una coscienza individuale liberata dai vincoli della società feudale. Marx poneva l’accento sulla “liberazione delle forze produttive”, credeva ad un progresso infinito che avrebbe realizzato la “liberazione della storia” dai vincoli delle classi, il proletariato sarebbe stata la non- classe che avrebbe abolito tutte le classi sociali realizzando la società libera. Marx non si poneva il problema delle istituzioni e della democrazia, la liberazione sarebbe dovuta avvenire per la realizzazione di un fatto tecnico relativo al progresso. Questa è stata una filosofia della storia che si è combinata con le interpretazioni politiche del marxismo con il risultato analogo a quello di tutte le dittature del secolo XIX. Infatti, l’annientamento della istanza individuale in nome di una volontà superiore, fosse questa la legge della storia, la nazione, lo stato o il progresso porta alla medesima conseguenza: l’abolizione della libertà e la realizzazione di una società priva di valori morali in cui domina la legge della razionalità del fine. 
Da queste considerazioni si evince: la sinistra marxista è progressista; il progresso non coincide per forza con la libertà, come vorrebbe una certa concezione acritica delle istanze dell’illuminismo. Quindi il problema della libertà e delle istituzioni percorre in parallelo la storia umana e non è riducibile direttamente al progresso della tecnica o del pensiero scientifico, anzi, al contrario, può entrare in conflitto con questultimi come dimostrano i movimenti politici contemporanei. 
I valori dell’Illuminismo hanno rappresentato l’ideologia di un’epoca nuova per la quale la tradizione era un ostacolo, Il nuovo mondo borghese era avversato dai contadini tradizionalisti come pure, in genere, dalle donne, che non vedevano con buon occhio l’avvento di un mondo in cui predominava l’elemento della laicità e dell’uomo attraverso il lavoro. Al contrario accadeva per gli operai e gli artigiani specializzati che vedevano la tradizione come luogo di miseria e di frammentazione e che vedevano il loro posto nel futuro e non in un qualche mondo idealizzato del passato. 
“Nondimeno - dice E. J. Hobsbawn -, le classi lavoratrici erano interessate alla nuova ideologia non in quanto tale, ma come parte di un pacchetto comprendente la lotta per una vita migliore”. 
La nuova ideologia e il nuovo mondo nato dall’illuminismo nascono quindi da un tacito accordo tra quelle che una rigida interpretazione vuole rappresentare unicamente come classi con interessi contrapposti, riflesso della contrapposizione tra capitale/proprietà e lavoro. Un accordo che oggi, a fronte del riemergere delle ideologie anti moderne, costituisce un elemento fondamentale da prendere in considerazione per un patto che riguardi la costituzione di base, la “società di base” come direbbe Rawls, sulla quale edificare la costituzione politica della società moderna. 
Ed è già proprio Hobsbawn ad individuare gli elementi costitutivi della “società di base”. Infatti, prosegue Hobsbawn, “dal punto di vista ideologico, quindi, le idee razionalistiche borghesi e quelle socialiste convergevano... Le due correnti erano collegate non solo da un’ideologia comune, ma dalla fede che questa sottendeva – la fede nel progresso, nell’istruzione, nella scienza e nella necessità di superare una tradizione che era di ostacolo alla liberazione personale non meno che a quella collettiva.”1 
Dalle possibilità di realizzazione di una “società di base” una costituzione fondamentale su cui edificare il “conflitto” democratico, possiamo dire che esiste una idea di progresso che è direttamente rapportabile con la libertà di pensiero e con quel benessere senza il quale viene meno anche la libertà e la democrazia. 
Col venir meno della libertà, viene meno l’impulso al cambiamento. Se viene meno l’impulso al cambiamento viene meno l’impulso alla crescita, e la crescita è, sostiene Aron, “il problema centrale dell’economia moderna” in quanto le economie moderne sono “essenzialmente progressive”. Aron credeva pure che la crescita economica si accompagna ad una migliore ripartizione: se crea inizialmente diseguaglianze, successivamente le compensa portando ad un livello superiore di benessere attraverso la ripartizione dei benefici. Questa affermazione di Aron “se rimanda a coincidenze storiche – dice Dahrendorf –, ha un qualche senso; se allude a causalità, è sbagliata. La crescita non causa di per sé stessa una ripartizione «migliore», cioè più imparziale e più giusta.”2 
Alla pari con la concezione del liberalismo del XIX secolo, che proponeva un quadro idilliaco della società industriale che procedeva pacificamente verso sempre una maggiore ricchezza e benessere per tutti, si può essere ottimisti perché si considera il progresso tecnico come la chiave della storia economica moderna. Come dice Aron nel XIX secolo i liberali pensavano che “la ricchezza sarebbe aumentata grazie alla scienza, grazie alla libera iniziativa, grazie alla concorrenza”. Il “pessimismo” al contrario, era appannaggio della sinistra, il pessimismo era socialista. Senza arrivare alle manifestazioni del cosiddetto luddismo, il progresso della tecnica al servizio della società borghese non faceva che aumentare la dipendenza e l’impoverimento del proletario. Una concezione che ancora oggi appare in voga in una certa sinistra anche sindacale, esiste un giudizio negativo sul progresso. Questo giudizio è quanto oggi accomuna un certo ecologismo con il movimento non global e le sue espressioni politiche nazionali tipo i 5S in Italia. 
Il cambiamento richiede la libertà e la democrazia che, in questo, sono essenziali allo sviluppo e al progresso economico. È paradossale che, invece, i movimenti eredi del pessimismo novecentesco oggi considerino la tecnica, o meglio la tecnologia informatica e la comunicazione in grado di sostituire la democrazia. La tecnica non può dare da sola l’impulso al cambiamento perché in quanto prerogativa dell’essere libero è un fatto prettamente umano che non può essere ridotto al fatto strettamente evolutivo. Come dice Dahrendorf “il cambiamento tecnologico non è un processo auto-propellente. Le invenzioni devono essere applicate per creare differenza. Come i burocrati, i tecnocrati possono di fatto far funzionare il mondo anche in assenza di un input democratico [ciò che è dimostrato dalle dittature del novecento che, guarda caso, sono crollate, in particolare è il caso dell’URSS che crollato con la fine della Guerra Fredda, guerra di competizione e di egemonia, perché non in grado di promuovere il cambiamento e quindi il progresso e lo sviluppo economico, correlati a libertà e democrazia!] o di un orientamento direzionale fornito dai leader; ma possono solo estrapolare, non cambiare il corso delle cose. Se è proprio questo che si vuole, cioè il cambiamento del corso, bisogna ricercare le forze sociali e gli attori responsabili dell’uso della scienza e della tecnologia, o dell’organizzazione burocratica, definendo gli obiettivi per i quali sono preposti. La razionalità da sola non è sufficiente a indicare i passaggi per la libertà.3 
Anche Aron era ben consapevole del limite del progresso scientifico e della tecnica. Infatti, scrive Aron, in “un’economia che continui a progredire è necessario che i soggetti economici siano messi in condizioni tali da prendere le decisioni necessarie per la crescita”. Aron era convinto che “la società industriale in cui viviamo e che fu prevista dai pensatori dell’ultimo secolo è fondamentalmente democratica, nel senso tocquevilliano della eliminazione delle aristocrazie ereditarie; è normalmente, se non necessariamente, democratica, nel senso che non esclude nessuno dalla cittadinanza e tende a offrire benessere materiale a tutti.”4 
Quindi la crescita economica ha un limite. Questo limite, come per il progresso scientifico, è l’incertezza e l’impossibilità di predire il futuro anche se non sapremo mai, dice Aron, se ciò sia un bene o un male. Ma è proprio da questa impossibilità, da questo limite, che nasce l’istanza, imprescindibile per la scienza e per lo stesso progresso economico, della libertà. Infatti il limite che trova soluzione soltanto nell’organizzazione democratica di una società che ha fatto propria l’istanza individuale della libertà intesa come capacità di esprimere le opinioni ed esercitare la delega attraverso le istituzioni democratiche dello Stato liberale; sia come capacità di affermare gli obiettivi di realizzazione delle proprie capacità come individuo che promuove il proprio miglioramento e quello della società attraverso le arti, la cultura, la scienza e anche attraverso l’impresa. Una società che promuove il benessere per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno esercizio della libertà che è il cuore del welfare economico e sociale.5 In tal senso progresso e libertà sono due istanze dialetticamente inscindibili attraverso la responsabilità e, come cantava Gaber , la partecipazione che dà il senso alla nostra irrinunciabile libertà https://youtu.be/7lvjscnHpGc . 
Pare ovvio concludere che parlare di de-crescita vuol dire parlare anche di fine della società libera, fondata sui principi del progresso e dell’illuminismo, e quindi anche fine della democrazia. 





[1] Ralf Dahrendorf, Il conflitto sociale nella modernità. Saggio sulla politica della libertà, Editori Laterza, Bari 1989, p. 25.
[2] Ralf Dahrendorf, Il conflitto sociale nella modernità. Saggio sulla politica della libertà, Editori Laterza, Bari 1989, p. 118.
[3] Ralf Dahrendorf, Il conflitto sociale nella modernità. Saggio sulla politica della libertà, Editori Laterza, Bari 1989, p. 119.
[4] Raymond Aron, Essai sur les libertés, p. 244. Cit, da Daharendorf, ibidem, p. 239.
[5] Costituzione della Repubblica Italiana, art. 3 c. 2 “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta ` e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”


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Perché non possiamo non dirci liberali. Il liberalismo critico di Raymond Aron.

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