Macron,
nel saluto per la vittoria ha richiamato i valori che hanno ispirato
l’Illuminismo, i valori della Rivoluzione Francese, il cui spirito
“minacciato” va difeso “ovunque”. Macron ha posto l’Europa
dell’Illuminismo al centro del suo disegno per far uscire la
Francia dalla crisi economica e dalla crisi di identità, oggi è
l’Europa stessa che, per la propria sopravvivenza, deve rifondare
quei valori.
Ma
quale Illuminismo? E per quali valori?
Erasmo
da Rotterdam e Machiavelli si sono occupati di indicare al Principe
la via che la politica deve seguire per la realizzazione di una
società che rispondesse alle esigenze del progresso a cui si
affacciava il XVI secolo che hanno portato alla nascita delle nazioni
e degli stati moderni.
Ma,
nel loro intento, hanno seguito strade diverse, se on opposte. Mentre
Machiavelli si posto il problema del potere e della sua gestione
finalizzata al suo mantenimento e così mettendo al centro delle sue
considerazioni la costruzione di una scienza della politica che
preludesse ad un criterio di oggettività indipendente dal “giudizio”
degli uomini e quindi indipendente dalla “morale” e dai “valori”.
Erasmo, al contrario, nella sua educazione del Principe cristiano,
mette al centro della sua riflessione proprio la morale e i valori.
La
via di Machiavelli è quella che prelude a quel razionalismo
scientifico che ha contraddistinto il pensiero positivista e l’idea
di una scienza come pensiero assoluto, avulso dalla storia e dai
valori. Le scienze della natura contrapposte alle scienze dello
spirito, natura contro cultura, la mente contro il corpo.
La
via di Erasmo è quella che pone al centro la coscienza morale,
l’uomo misura di tutte le cose. La scienza non è “sapere
assoluto”, avulso dai valori e dalla vicenda umana che è il
risultato di un equilibrio della natura con la cultura, dello spirito
con il corpo.
Il confronto, o meglio la creazione di una polarizzazione tra Erasmo e Machiavelli, ovvero tra il Principe cristiano e il Principe di Machiavelli, rende maggiormente significativo il contesto della formazione della coscienza politica in Italia e consentendo di illuminare alcune delle più radicate contraddizioni.
Ciò
consente, innanzi tutto, di gettare luce sulla formazione e la storia
del pensiero liberale della penisola in quanto fenomeno nato e
sviluppatosi, come messo in evidenza dallo stesso Gobetti, nell'alveo
della borghesia agraria che trova anche espressione nel suo
particolare nazionalismo che, consolidatosi con il populismo degli
anni ‘20 del secolo scorso, ha portato alla legittimazione del
fascismo e quindi al totalitarismo che è la negazione della stessa
idea liberale. Un aspetto critico della formazione nazionale al quale
si innesta quello relativo allo storico predominio della Chiesa di
Roma e la mancanza di una Riforma. Si tratta di un aspetto della
storia della coscienza politica nazionale evidenziato anche da
Gramsci quale limite del Risorgimento nella nascita di una politica
volta alla realizzazione delle riforme quelle riforme che dovevano
favorire la modernizzazione del Paese, a cominciare proprio dalla
riforma agraria. Non ultimo il confronto serve a fornire una luce
particolare sulla nascita dei partiti di sinistra ispirati
dall'ideologia marxista, con una appendice particolare sulla
interpretazione gramsciana del principe quale soggetto collettivo
egemone e promotore della storia della nazione.
Un
altro aspetto riguarda la mancanza di respiro europeo di buona parte
della cultura politica italiana e di quello che potremmo chiamare
machiavellismo istituzionale delle élites sia politiche che, in
generale, della classe dirigente. Un aspetto che non è esagerato
definirlo come un elemento di quella sub cultura comportamentale che
costituisce la cosiddetta “italianità”.
Machiavelli
manca per Gobetti del respiro europeo, nel senso che manca un una
visione europea del problema dell’unificazione sotto l’egida di
un Principe in termini di nazione (era questa l’idea di Gramsci?).
La visione di Machiavelli, grazie anche alla mancanza di una
borghesia moderna, si riduce a quello che Gobetti chiama “diplomazia
municipale”. Una dimensione politica che rimane ancorata al
particolare della politica delle Signorie “municipalizzate” e non
alle esigenze di sviluppo di una nuova civiltà dei cittadini urbani.
La
Riforma in Italia è stata Machiavelli, nei termini di una cultura e
subcultura politica ed istituzionale che ha interessato sia la destra
che la sinistra.
In
Europa invece, Erasmo, con la sua attenzione per le virtù del
Principe, ha ispirato Lutero insieme alla nascita e al radicamento
dei valori liberali della individualità responsabile nell'ambito
economico e delle istituzioni.1
Ovviamente mai è tutto bianco o tutto nero, e le problematiche si
intrecciano con le personalità e le storie tra i protagonisti dei
due diverse modalità culturali.
1
Piero Gobetti, La Rivoluzione Liberale. Saggio sulla lotta in
Italia, REA Edizioni, L’Aquila 2014.
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