giovedì 17 gennaio 2019

Erasmo da Rotterdam VS Machiavelli. Premessa


Macron, nel saluto per la vittoria ha richiamato i valori che hanno ispirato l’Illuminismo, i valori della Rivoluzione Francese, il cui spirito “minacciato” va difeso “ovunque”. Macron ha posto l’Europa dell’Illuminismo al centro del suo disegno per far uscire la Francia dalla crisi economica e dalla crisi di identità, oggi è l’Europa stessa che, per la propria sopravvivenza, deve rifondare quei valori.
Ma quale Illuminismo? E per quali valori?
Erasmo da Rotterdam e Machiavelli si sono occupati di indicare al Principe la via che la politica deve seguire per la realizzazione di una società che rispondesse alle esigenze del progresso a cui si affacciava il XVI secolo che hanno portato alla nascita delle nazioni e degli stati moderni.
Ma, nel loro intento, hanno seguito strade diverse, se on opposte. Mentre Machiavelli si posto il problema del potere e della sua gestione finalizzata al suo mantenimento e così mettendo al centro delle sue considerazioni la costruzione di una scienza della politica che preludesse ad un criterio di oggettività indipendente dal “giudizio” degli uomini e quindi indipendente dalla “morale” e dai “valori”. Erasmo, al contrario, nella sua educazione del Principe cristiano, mette al centro della sua riflessione proprio la morale e i valori.
La via di Machiavelli è quella che prelude a quel razionalismo scientifico che ha contraddistinto il pensiero positivista e l’idea di una scienza come pensiero assoluto, avulso dalla storia e dai valori. Le scienze della natura contrapposte alle scienze dello spirito, natura contro cultura, la mente contro il corpo.

La via di Erasmo è quella che pone al centro la coscienza morale, l’uomo misura di tutte le cose. La scienza non è “sapere assoluto”, avulso dai valori e dalla vicenda umana che è il risultato di un equilibrio della natura con la cultura, dello spirito con il corpo.

Il confronto, o meglio la creazione di una polarizzazione tra Erasmo e Machiavelli, ovvero tra il Principe cristiano e il Principe di Machiavelli, rende maggiormente significativo il contesto della formazione della coscienza politica in Italia e consentendo di illuminare alcune delle più radicate contraddizioni.
Ciò consente, innanzi tutto, di gettare luce sulla formazione e la storia del pensiero liberale della penisola in quanto fenomeno nato e sviluppatosi, come messo in evidenza dallo stesso Gobetti, nell'alveo della borghesia agraria che trova anche espressione nel suo particolare nazionalismo che, consolidatosi con il populismo degli anni ‘20 del secolo scorso, ha portato alla legittimazione del fascismo e quindi al totalitarismo che è la negazione della stessa idea liberale. Un aspetto critico della formazione nazionale al quale si innesta quello relativo allo storico predominio della Chiesa di Roma e la mancanza di una Riforma. Si tratta di un aspetto della storia della coscienza politica nazionale evidenziato anche da Gramsci quale limite del Risorgimento nella nascita di una politica volta alla realizzazione delle riforme quelle riforme che dovevano favorire la modernizzazione del Paese, a cominciare proprio dalla riforma agraria. Non ultimo il confronto serve a fornire una luce particolare sulla nascita dei partiti di sinistra ispirati dall'ideologia marxista, con una appendice particolare sulla interpretazione gramsciana del principe quale soggetto collettivo egemone e promotore della storia della nazione.
Un altro aspetto riguarda la mancanza di respiro europeo di buona parte della cultura politica italiana e di quello che potremmo chiamare machiavellismo istituzionale delle élites sia politiche che, in generale, della classe dirigente. Un aspetto che non è esagerato definirlo come un elemento di quella sub cultura comportamentale che costituisce la cosiddetta “italianità”.
Machiavelli manca per Gobetti del respiro europeo, nel senso che manca un una visione europea del problema dell’unificazione sotto l’egida di un Principe in termini di nazione (era questa l’idea di Gramsci?). La visione di Machiavelli, grazie anche alla mancanza di una borghesia moderna, si riduce a quello che Gobetti chiama “diplomazia municipale”. Una dimensione politica che rimane ancorata al particolare della politica delle Signorie “municipalizzate” e non alle esigenze di sviluppo di una nuova civiltà dei cittadini urbani.
La Riforma in Italia è stata Machiavelli, nei termini di una cultura e subcultura politica ed istituzionale che ha interessato sia la destra che la sinistra.
In Europa invece, Erasmo, con la sua attenzione per le virtù del Principe, ha ispirato Lutero insieme alla nascita e al radicamento dei valori liberali della individualità responsabile nell'ambito economico e delle istituzioni.1 Ovviamente mai è tutto bianco o tutto nero, e le problematiche si intrecciano con le personalità e le storie tra i protagonisti dei due diverse modalità culturali.
1 Piero Gobetti, La Rivoluzione Liberale. Saggio sulla lotta in Italia, REA Edizioni, L’Aquila 2014.

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