Con
Pragmatica della Comunicazione Umana Paul Watzlawick, e i suoi
collaboratori, pongono le basi per una teoria della comunicazione
orientata all’analisi degli effetti comportamentali, o pragmatici,
delle relazioni umane. Con la pubblicazione del volume gli autori
avviarono un percorso conclusivo, e pubblico, di quanto avevano per
anni sperimentato e osservato nell'analisi del comportamento umano.
Con questo passaggio si riteneva di dover ormai procedere verso una
formalizzazione più riconosciuta della trattazione delle
problematiche della comunicazione umana, all'interno di una teoria
sistematica globale.
La
comunicazione umana risponde a regole ricorrenti. Ma queste, molto
spesso, anche se presenti, ricadono al di fuori della consapevolezza
dei diretti interessati. Si può dire che sebbene tutti noi obbediamo
a regole nella prassi quotidiana con cui ci mettiamo in relazione col
mondo, le regole stesse, la 'grammatica' di questa comunicazione,
riamane per tutti noi qualcosa di ignoto, qualcosa di cui siamo quasi
totalmente inconsapevoli. Tuttavia, in modo intuitivo, con
queste regole, nelle relazioni con partner, colleghi, amici, o
semplici interlocutori, ci destreggiamo facendo attenzione agli
umori, alle reazioni o alle risposte, e ci adattiamo di conseguenza,
attraverso un continuo flusso di scambi, un “calcolo”, gestito in
modo più o meno consapevole e voluto: un calcolo che realizza
ciò che chiamiamo comunicazione. La «Pragmatica della comunicazione
umana rappresenta un tentativo di formulare degli assiomi di base di
questo presunto calcolo che è la comunicazione, per mostrare come
essi determinino l'interazione umana e per descrivere il tipo di
patologia che insorge quando questi assiomi sono violati.»1
In
questa prospettiva la comunicazione viene intesa non soltanto come
veicolo o espressione manifesta delle interazioni tra individui, ma
viene considerata come la più effettiva e migliore
concettualizzazione di tutto ciò che genericamente si raccoglie
sotto la voce “interazione”. La comunicazione è pertanto
l'equivalente di ciò che è effettivamente osservabile
nell'interazione umana. Lo studio della comunicazione equivale in tal
senso allo studio dell'interazione umana così come questa si
sviluppa e si svolge nei contesti in cui si manifesta.2
Tutti
i comportamenti sono pertanto comunicazione e non soltanto l'uso
della parola. Ogni comportamento produce un effetto proprio in quanto
comunicazione e, in quanto tale, ad esso possono essere attribuiti
tutti i criteri di misurazione e di valutazione che normalmente
vengono attribuiti alla trasmissione di messaggi. Il comportamento
può pertanto essere considerato alla stregua di un linguaggio
governato da regole, da una propria grammatica e da una specifica
sintassi. Un linguaggio che, come il linguaggio naturale, esprime la
capacità di comunicazione degli individui e che, come il linguaggio
naturale, si acquisisce nell'arco della crescita in modo del tutto
astratto e non formalizzato e quindi in modo inconsapevole.
Questo
linguaggio, in definitiva, non è altro che il linguaggio delle
emozioni che interagisce con quelli che sono i valori della società
o dei contesti culturali in cui viviamo realizzando ciò che viene
definito “virtù” oppure “vizio”. Quello che coinvolge le
emozioni costituisce un linguaggio molto spesso primitivo che viene
incanalato attraverso l'educazione dell'individuo in senso sociale,
ma è un linguaggio su cui i sistemi educativi hanno espresso ben
poco se soltanto di recente si è posto l'accento su quella che è
stata definita da Daniel Goleman “intelligenza emotiva”3.
In correlazione con i livelli, numerico e analogico, della
comunicazione umana Goleman sostiene che ”A tutti gli effetti
abbiamo due menti, una che pensa e l'altra che sente. Queste due
modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse,
interagiscono per costruire la nostra vita mentale” e relazionale.
La mente razionale dice ancora Goleman “è la modalità di
comprensione della quale siamo solitamente coscienti … accanto ad
essa c'è un altro sistema di conoscenza – impulsiva e potente,
anche se a volte illogica, c'è la mente emozionale”4.
Spesso queste due menti sono coordinate, ma quando i contesti in cui
gli individui si trovano ad interagire fanno aumentare la forza delle
passioni, l'equilibrio tra mente razionale e mente emozionale si
capovolge e quest'ultima prende il sopravvento travolgendo la mente
razionale.
Si
potrebbe dire che è in questa fase che si manifestano le patologie
della comunicazione umana e del comportamento di cui parla Watzlawick
e che è possibile agire con l'una sull'altra soltanto attraverso gli
strumenti della comunicazione e del comportamento, infatti i problemi
ascrivibili alle manifestazioni della sfera emotiva sono, in
quest'ottica, affrontabili attraverso un lungo processo educativo che
dovrebbe svolgersi in parallelo col processo di educazione
dell'intelligenza razionale verso cui oggi sono in modo univoco
orientati le agenzie sociali preposte alla trasmissione del sapere:
innanzi tutto le istituzioni scolastiche, ma anche quelle religiose e
la famiglia.
Potremmo
dire che normalmente nella relazione è “la mente emotiva” ad
esprimere maggiormente la propria influenza. Immaginare una relazione
fondata esclusivamente sulla “mente razionale” presupporrebbe una
società di tipo “vulcaniano”.
Considerando
il dualismo fondamentale della comunicazione, in Watzlawick sempre in
chiave ancora esclusivamente analitica, un principio fondamentale
della pragmatica della comunicazione è che in ogni comunicazione
esistono diversi livelli di informazione, uno di questi livelli fa
sempre riferimento alla relazione tra i soggetti della
dell’attività comunicativa e quindi al contesto interpersonale
nella quale si sviluppa la comunicazione e la relazione stessa. Tale
dimensione ha un valore cognitivo e viene esplicitata anche
attraverso la teoria dei giochi. Nel dilemma del prigioniero, ad
esempio, si svela come ciò che in definitiva fa il prigioniero è di
«dedurre correttamente lo stato reale delle porte mediante la
specifica relazione tra le guardie e se stesso, e, così, arriva
finalmente a una corretta comprensione della situazione usando
un’informazione sugli oggetti (le porte e il loro essere
chiuse a chiave o aperte) insieme a una informazione su questa
informazione (le guardie e il loro tipico mettersi in relazione
con gli altri – nello specifico, comunicare informazione).»5
Questi
due ordini di informazione presenti nella comunicazione vengono
classificati come aspetti relativi al contenuto
dell’informazione e aspetti relativi alla relazione dello
stesso messaggio materiale, indipendentemente della natura
dell’oggetto e del suo stato di verità a cui il messaggio fa
riferimento. Non è possibile concepire una informazione che sia
costituita soltanto da un aspetto della comunicazione, per lo meno
nel campo della comunicazione umana e con certezza anche la
comunicazione animale. Infondo anche le macchine hanno bisogno di una
informazione sulle informazioni: in realtà questi sono i programmi
che servono a processare i dati delle informazioni, programmi che
sono indispensabili a far si che i semplici dati diventino
informazione. In conclusione si può affermare che «l’aspetto di
relazione così come quello di contenuto sono proprietà fondamentali
e sempre presenti nella comunicazione.»6
Questo
fenomeno è possibile riscontrarlo in molte situazioni della vita
quotidiana. Infatti in molte occasioni nelle nostre relazioni
amicali, o di lavoro, le richieste di informazioni o l’avvio di una
comunicazione che possa riguardare un oggetto o un argomento non
viene avviata in senso puro per ricavare informazioni o definire,
congiuntamente o meno con i nostri interlocutori, conoscenze rispetto
ad oggetti o a situazioni. In realtà in molte occasioni di
comunicazione ciò che viene messa in gioco è la definizione della
nostra relazione con gli altri, o degli altri con noi.
Molto
spesso questo tipo di informazione viene incanalata attraverso vie
paralinguistiche che riguardano l’espressione del corpo o la mimica
facciale, come pure il tono di voce e l’enfasi con cui si articola
il linguaggio verbale. Queste informazioni che vengono trasmesse nei
normali processi di comunicazione tra soggetti non hanno niente a che
fare con lo stato degli oggetti o delle problematiche di cui si
parla, ma hanno l’obiettivo di definire reciprocamente la natura
della relazione. A questo piano appartengono anche molti dei
sentimenti che si sviluppano tra individui, quali la stima, la
fiducia, l’odio, amore ecc. che di fatto agiscono nella relazione
al di sopra del contenuto stesso e degli oggetti specifici che
riguardano il contesto su cui si sviluppa la comunicazione.
Addirittura si potrebbe parlare di un sentimento di verità
che questo livello di informazione può indurre rispetto agli
argomenti di cui si discute tra i soggetti.
“Al
di là del fatto che la comunicazione sia portata a termine o meno,
essa produrrà sul piano del contenuto accordo o disaccordo tra i
comunicanti; sul piano della relazione si manifesterà come
comprensione o incomprensione – due fenomeni essenzialmente
diversi…”7
In questi termini è quindi possibile, per due esseri umani che
svolgono una comunicazione, essere in disaccordo su di una
affermazione oggettiva, ma comprendersi l’un l’altro come esseri
umani; o può accadere il contrario, essere in accordo ma non
comprendersi e, in questo caso, aggiungendo negatività ad una
comunicazione che in realtà è condivisa nei contenuti attraverso
segnali di irriconoscenza reciproca e magari di inimicizia; oppure si
può verificare l’uno e l’altro caso, essere d’accordo e
comprendersi, oppure essere in disaccordo e non comprendersi,
fallendo su tutti i livelli della comunicazione: questo è
probabilmente il caso in cui la comunicazione non genera informazione
tra i soggetti o addirittura, sul piano relazionale, genera soltanto
ostilità e inimicizia.
Un
problema tipico accade invece quando i due livelli tendono ad essere
confusi, nel senso che i comunicanti si impegnano nello sforzo di
risolvere un problema che riguarda la relazione attraverso una
comunicazione che invece avviene sul livello dei contenuti.
Situazioni a doppio legame che si manifestano spesso in
contesti in cui i soggetti si trovano a districarsi in relazioni di
sottomissione o di dipendenza, o di pressioni di gruppo in cui il
fattore determinante è rappresentato dalle relazioni costruite su
sentimenti di fiducia o di stima o, al contrario, di sottomissione
ecc. Questi aspetti possono condurre a situazioni in cui si
manifestano delle vere e proprie patologie.
In
tal caso la spiegazione del comportamento di un certo soggetto viene
ricondotta ad un processo intrapsichico e intra - personale.
Così facendo si realizza una concettualizzazione su schemi e su
attributi che relegano in secondo piano l’individuo, nel senso che
tendono sollevarlo da una responsabilità nella costruzione delle sue
relazioni, che invece viene attribuita a fattori oggettivi, nel senso
di esterno alla relazione, di tipo sociali, psicologici ecc.. La
pragmatica della comunicazione umana, al contrario, vuole ridare
centralità alla responsabilità di ognuno in quanto soggetto attivo
nell’edificazione delle proprie relazioni.8
Assunto
di base del lavoro di Watzlawick è che la comunicazione è
pienamente da intendere come un processo di interazione e non,
come vuole la teoria tradizionale, un fenomeno unidirezionale tra chi
emette un messaggio, o parla, e chi lo riceve, o ascolta; anche se a
questo ultimo schema si aggiungesse la reciprocità bidirezionale,
ciò non sarebbe sufficiente a descrivere la dimensione relazionale
della comunicazione.
In
quanto processo di interazione, la comunicazione pervade ogni
espressione dell'esistenza umana ed è la condizione fondamentale
dell'ordinamento sociale. E, considerato che gli esseri umani sono
coinvolti nel processo di regole di acquisizione della comunicazione
fin dall'inizio della propria esistenza emotiva ed intellettiva, la
comunicazione, secondo il modello che si propone, non è da
considerare semplicemente come strumento delle trasmissioni tra
individui, ma deve essere considerata quale ambito, eco sistema, di
formazione e realizzazione della stessa soggettività ed
individualità. In tal senso si potrebbe dire che la persona (più
ancora che la personalità) corrisponde al modo del soggetto di
mettersi in relazione con gli altri individui e con il mondo e quindi
al suo modo di comunicare, anche se questa comunicazione è il
risultato di acquisizioni per lo più realizzate inconsapevolmente
nell'arco della propria vita.
Siamo
influenzati dalla comunicazione in ogni aspetto della nostra
esistenza, anche la nostra auto consapevolezza dipende dalla
comunicazione: infatti per capire sé stesso l'uomo
ha bisogno di essere capito dall'altro; ma per essere capito
dall'altro, ha bisogno di capire l'altro. La pragmatica della
comunicazione umana rappresenta una ricerca che vuole mettere in luce
la grammatica e le regole su cui si basa tale comprensione e di
individuare un modello di funzionamento che possa definire un
procedimento formale che chiarisca la differenza tra una
comunicazione efficace e una che non è efficace9.
Si tratta di processi che presentano una forte analogia con i valori
etici del riconoscimento reciproco, si veda l’esempio della
“mitezza” nell’eccezione di Bobbio.
Compiendo
un volo analogico potremmo dire che la condizione che riguarda la
comunicazione, la creazione del linguaggio e della relazione, non è
molto lontana dalla condizione dell’individuo in rapporto alla
società: l’individuo al netto delle sue relazioni è soltanto una
astrazione, come è una astrazione la definizione della natura umana.
Un concetto analogo alla critica a cui Marx sottoponeva
l’individualismo romantico di Max Stirner. Tali astrazioni e
relative alla natura dell’individuo sono pure alla base del
razionalismo economico o utilitarista. Il costruttivismo, al
contrario mette al centro l’individuo e la necessità della sua
esistenza sociale e comunicativa, e quindi relazionale ed emotiva,
considerandola ancor più una dimensione che agisce sull’osservatore
stesso nel momento in cui pensa di potersi porre come semplice
osservatore di un realtà oggettiva, o meglio oggettivata. La teoria
rawlsiana che fa perno sulla posizione originaria e “il rispetto di
sé”, rovescia in senso costruttivista l’impostazione classica
della costruzione della relazione sociale che, in definitiva, si
fondava su una supposta oggettività rispetto alla natura umana
ascrivibile a quello che Von Foerster definisce come “realismo
metafisico”: la presunzione dell’esistenza di una fattualità
esterna ai processi conoscitivi.
Se
invece si considera il contesto e il comportamento all'interno di
tale contesto anche in riferimento ad altri soggetti in cui tale
comportamento si sviluppa, il centro dell'interesse si sposta
dall'individuo, isolato in modo artificiale, verso la relazione
tra le parti all'interno di un contesto più vasto. Il centro
dell'attenzione diventano così le manifestazioni osservabili nella
relazione stessa, dove la comunicazione rappresenta il veicolo di
tali relazioni, mentre passano in secondo piano gli aspetti
relativi all'analisi teorica e deduttiva sulla natura della mente
umana. In tal senso nella pragmatica il termine comunicazione può
essere considerato come sinonimo di comportamento.
La
pragmatica è lo studio di come comunicazione e comportamento
interagiscono nei contesti sociali e relazionali e si influenzano a
vicenda. In questa prospettiva si prende in considerazione,
nell'analisi della comunicazione, tutto il comportamento e non
soltanto il suo aspetto relativo all'articolazione verbale; inoltre
assumono significativa importanza tutti i segni che fanno riferimento
al contesto in cui avviene la comunicazione. Per rendere
comprensibili tali contesti la pragmatica ricorre ad una concezione
che considera i fenomeni comportamentali in modo orizzontale,
sincronico. In modo analogo in cui si possono considerare le sequenze
di mosse che, per così dire, compongono una partita a scacchi: per
individuare e capire la situazione del gioco e il rapporto tra i
giocatori non è necessario risalire alle sequenze passate con cui si
è arrivati alla configurazione attuale, in quanto l'esame attuale
della scacchiera ci fornisce, in qualunque momento, tutte le
informazioni necessarie e complete per poter cogliere e comprendere
lo stato delle cose, dei fatti.
Riguardo
alla comunicazione e alle emozioni è possibile riscontrare un
ulteriore sviluppo che va oltre il ragionamento meramente analitico
degli autori. Infatti, il quarto assioma della pragmatica della
comunicazione umana pone al centro l'importanza del linguaggio
analogico nei contesti relazionali.
Come
già indicato in precedenza, il linguaggio analogico, ma la stessa
cosa si potrebbe dire per le emozioni, si fonda quindi su convenzioni
primordiali che sfuggono alle capacità di codificazione del
linguaggio digitale. Questi due aspetti convivono nella nostra
pratica quotidiana relativa alla comunicazione e allo scambio
comportamentale, gli esseri umani hanno la necessità di combinare
questi due linguaggi, e devono costantemente tradurre dall'uno
all'altro. E infatti il quarto assioma di Watzlawick asserisce che
“Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con
quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai
complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata
nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la
semantica ma non ha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo
che non sia ambiguo la natura delle relazioni.”10
Se
si considerano le recenti scoperte sulla plasticità delle cellule
neurali, secondo cui le relazioni contribuiscono a creare attraverso
lo stimolo le aree cerebrali che diventano responsabili delle stesse
realtà emotive che governano le relazioni sociali; allora si capisce
come l’attenzione sulla pragmatica della comunicazione diventa
centrale nella reazione di tutti i fenomeni della comunicazione
emotiva, attraverso la relazione tra “i due cervelli” di cui
parla Goleman: razionale ed emotivo.
L'argomento
porterebbe però l'attenzione verso un nuovo campo che riguarda
l’ambito delle pratiche per la soluzione delle situazioni di
conflitto patologico a partire da una mappatura delle esperienze
emotive. Nella esperienza della pragmatica della comunicazione umana
sono state elaborate pratiche relative gli aspetti da attivare per
mettere in moto quei meccanismi mentali di ristrutturazione
comportamentale al fine di ridefinire le relazioni, dalle relazione
di coppia fino al più ampio spettro di tutte le relazioni sociali e
interpersonale.
A
tale proposito si può dire che lo sviluppo della intelligenza
emotiva e quindi di una comunicazione-comportamento sani, dipende da
un processo che permetta di raggiungere un certo grado di
consapevolezza del funzionamento del proprio comportamento e delle
proprie relazioni in modo da promuovere la positività nella vita
emotiva e relazionale individuando gli skill che rendono possibile
una comunicazione sana ed efficace.11
Ma perché un tale progetto si possa realizzare i programmi che
riguardano che riguardano l’intelligenza emotiva e la comunicazione
dovrebbero essere introdotti nei nostri modelli come modelli
educativi all’interno dei programmi scolastici.
Nei
limiti dei nostri interessi, invece, le curve iperboliche e le
analogie utilizzate hanno la funzione di sgombrare il terreno per la
costruzione di un modello di teoria delle “virtù” ispirata
dall’apertura e dal riconoscimento della libertà individuale e dei
valori della cooperazione sociale.
1
Paul Wattzlawick e John H. Weakland (a cura di), La prospettiva
relazionale. I contributi del Mental Research Institute di Palo Alto
dal 1965 al 1974, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1978. p. 56.
3
Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1999.
4
Daniel Goleman, Ibidem, p. 21.
8
Vedi Watzlawick, P. (a cura di) La realtà inventata: contributi
al costruttivismo, Feltrinelli, Milano, 1981.
11
Monica Simionato – George Anderson Terapia d’urto. La
comunicazione come strumento per gestire le proprie emozioni,
Franco Angeli, 2003, pp. 157 e seguenti.